lunedì 17 gennaio 2011

LA NOSTRA IDEA PER LE CINQUE STELLE E PER IL MONDO





Quale può essere la specificità del Movimento Cinque Stelle?
Quali sono le ragioni che hanno spinto molti ad aderire?
Quali sono le motivazioni che potrebbero indurre a votare le liste che ne saranno l’emanazione nelle elezioni venture, locali, nazionali, europee?
Sicuramente molte: ma ciò che, a nostro giudizio, distingue il Movimento Cinque Stelle da ogni altro, fin dalla sua nascita (fin da prima della sua nascita, oseremmo dire, perché questi temi si ritrovavano da anni nel Blog di Beppe Grillo, sia per merito del suo fondatore, sia negli interventi dei suoi sostenitori), è la riedificazione della politica a partire dai cittadini, dal basso: l’affermazione della democrazia diretta. Senza se e senza ma.
Questa deve essere riconosciuta e proclamata come la sua ragione di esistere, da cui tutto il resto, programmi, strumenti e persone, discendono
Democrazia diretta é uno di quei concetti che possono essere definiti in maniera univoca, solo mantenendosi ad un alto grado di astrazione e, potremmo dire, di rarefazione.
Storicamente, ogni sua applicazione concreta ha risentito potentemente delle condizioni specifiche, fino a declinarsi in maniere assai differenti l’una dall’altra. Tutte queste interpretazioni, tuttavia, presentano la caratteristica comune di situarsi esplicitamente agli antipodi della democrazia rappresentativa.
Nel senso che opposti sono i criteri, contrapposte le filosofie, ma principalmente che la democrazia diretta è riuscita ad affermarsi solo in una lotta aspra e senza quartiere CONTRO LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA.
Dal momento che, storicamente, la democrazia diretta precede di moltissimi secoli quella rappresentativa, in genere ci è stato fatto intendere che la seconda é nata come razionalizzazione necessaria della prima, intesa ad una maggiore agilità, ad una migliore efficienza. Conviene prima di tutto ricordare che questo è falso: mai, in nessun luogo, le assemblee sul territorio hanno scelto di spogliarsi delle proprie prerogative, ma ne sono sempre state espropriate da un potere centrale poco o punto orientato al bene pubblico. Occorre poi aggiungere che la ragione originaria per cui la democrazia diretta si sarebbe rivelata inefficiente, è stata da un pezzo risolta: vale a dire la lentezza delle comunicazioni. La rapidità degli aerei, delle auto, dei treni, ma soprattutto la presenza di internet consentirebbe senza problemi di decidere più in fretta rispetto alle procedure farraginose e polverose dei vari parlamenti.
In effetti, la questione non verte sull’efficienza, ma su un punto solo apparentemente più astratto. Nella democrazia diretta è il governo ad appartenere al popolo: in quella rappresentativa è soltanto la sovranità ad appartenere al popolo. Chi guardi alla democrazia inglese, ha chiara la differenza: la sovranità è della regina che non conta nulla (quando presenta ogni anno il Discorso della Corona, legge come una scolaretta il testo presentatole dal primo ministro), il governo è del governo che fa e disfa a proprio piacimento. Si noti che anche i pochi poteri che di solito rimangono al Sovrano (la concessione delle grazie, per dirne una) nelle repubbliche è espropriato al popolo, per trasferirlo al sovrano effettivo, il presidente della Repubblica.
Questo non è un limite della democrazia italiana, che è pure particolarmente malsana: tutte le democrazie rappresentative sono così. Il popolo è solo una miserabile foglia di fico, utile a dichiarare che il cittadino viene giudicato e condannato in nome del popolo, con la conseguenza che il cittadino si ritrova alla fine nella condizione concreta di suddito individuale di quel sé stesso astratto che è membro della collettività.
Viceversa, nella democrazia diretta, il punto chiave verte, più ancora che sull’aspetto più evidente, che le decisioni vengono prese in assemblee dirette cui ciascuno partecipa in prima persona: ma che sono poi i cittadini stessi a dare esecuzione alle decisioni prese, che sono i cittadini a GOVERNARSI. Nella democrazia diretta il governo come istituzione è superfluo, perché vige l’autogoverno. Chi ha deciso, esegue le proprie decisioni.
Questa è precisamente la politica dal basso, come l’abbiamo vista e la stiamo vedendo nell’Atene di Pericle, nei comuni del Medioevo, nei cantoni svizzeri, nelle comunità indigene del Chiapas, nelle assemblee spontanee della Valsusa, di Scanzano, di Vicenza…persino fra le fiamme e il fumo di Terzigno.
I delegati non sono permanenti ma legati a specifiche funzioni o missioni, il loro mandato è imperativo, sempre revocabile, e non conferisce alcuna particolare autorità o prestigio. Semmai DERIVA da un prestigio preesistente che la persona ha saputo conquistarsi per la sua integrità, la sua fedeltà ai mandati ricevuti come pure alle sue capacità dialettiche, diplomatiche, tecniche.
Viceversa, come possiamo ora verificare nelle assemblee di eletti attuali, il livello qualitativo è talmente infimo che nessuno avrebbe dubbi: se al posto dei mille parlamentari attuali mettessimo mille persone racimolate a caso in un qualsiasi treno di pendolari, senza escludere né i papponi né i borseggiatori, avremmo rappresentanti non solo mediamente più onesti, ma di gran lunga più capaci, più informati, più preparati, più affidabili.
Questo non è un caso: la politica moderna si è da tempo convertita in “politica economica”, vale a dire nella spartizione del danaro pubblico. Questo non solo ha attirato una pletora di malversatori, ma ha creato la necessità di convertire partiti e correnti in vere e proprie cosche, capaci di interloquire da pari a pari con quelle cosche non meno pericolose che sono le multinazionali degli appalti.
Un tale stato di cose negli anni scorsi è emerso prepotentemente alla coscienza di un numero sempre crescente di persone. In Italia questo processo, che è comunque in corso in tutto il mondo, ha trovato nel Blog di Beppe Grillo e nelle sue successive articolazioni (meetup, liste civiche, gruppi di quartiere etc) un fantastico volano. Questo è sicuramente dovuto all’estinguersi di molte ideologie fondate sulla costruzione di una nuova società e soprattutto di un “uomo nuovo” (derivate tutte, in pratica, dai socialismi ottocenteschi e dai loro successivi sviluppi: socialdemocrazia, comunismo, fascismo…), ideologie che erano riuscite a sviare tantissimi dalla cura della propria libertà e delle proprie ragioni, tutto sacrificando alle meravigliose sorti promesse da ciarlatani d’ogni sorta, orientati nei fatti alla prepotenza, al saccheggio e all’omicidio. Un’altra ragione di questo ritornare crescente alla rivendicazione di una libertà immediata, lo dobbiamo alla crescente pacificazione fra le nazioni che ha sottratto alla permanenza dello Stato, originariamente nato intorno al concetto di difesa delle frontiere, le residue giustificazioni. Sia perché le frontiere sono sempre più di rado minacciate, sia perché, quando lo sono, ogni Stato, anche il più potente, si mostra inadeguato alle loro difese.
I cittadini vanno prendendo perciò coscienza che cambiare è non solo necessario ma effettivamente possibile. Che non esiste più alcuna giustificazione perché un gruppo sempre più chiuso di famiglie stia costituendosi in una vera e propria casta sovrapposta all’intera società, senza consentire il minimo ricambio, salvo che per un manipolo di servi inginocchiati per le più ripugnanti sottomissioni volontarie. Che quindi perfino l’ereditarietà dei titoli e dei poteri, ulteriore prerogativa della sovranità, è stata monopolizzata da costoro a scapito di tutti. Che quindi le parole altisonanti che aprono la Costituzione non hanno alcuna rispondenza con la realtà.
Ciò che non ancora tutti mostrano di avere compreso, però, è che questo non è accaduto per un tradimento, per una distorsione della Carta, ma precisamente in conseguenza della sua applicazione.
Che la politica dal basso, la politica ai cittadini, la democrazia diretta, la cacciata della casta, potranno realizzarsi unicamente rivoluzionando l’intero quadro delle relazioni sociali, e non già illudendosi di porre persone oneste e bene intenzionate in luogo dei malviventi che ci opprimono.
Per questo motivo il Movimento CinqueStelle non può limitarsi a una partecipazione alle competizioni elettorali, precisamente perché la sua specificità consiste nell’affermare che non è tramite lo strumento elettorale e attraverso la presenza in assemblee rappresentative che potrà essere mai rovesciato il rapporto fra deleganti e delegati, ponendo questi ultimi al servizio dei primi. Ma soltanto attraverso una vera e propria rivoluzione che mostri la fallacia degli strumenti attuali e delle filosofie che vi sono sottese e che conferisca potere ad assemblee costituenti permanenti in cui non già realizzare programmi precotti altrove ma agire politicamente in comune, visibili e compresenti gli uni con gli altri.
Questo lo abbiamo sempre detto a tutti, tutti lo sanno, non occorre che lo scoprano qui; i candidati sono stati e saranno scelti in base a questi principi, cioè non dei leader ma dei portavoce, degli esecutori di un mandato stringente).
Insomma, se vuoi fare politica dal basso con qualche risultato, devi impedire a chicchessia di imporre politica dall'alto, non ci vuole poi molto a capirlo.
In realtà, i molti che si erano adunati intorno a quella potente agorà che è divenuto il blog di Beppe Grillo, queste cose mostravano di averle ben chiare. Grillo infatti per anni ha esaltato la democrazia dal basso, vaffanculeggiando senza pietà la democrazia elettorale e la sua casta miserabile. In seguito, col discorso delle liste civiche e poi del M5*, è nata l'idea di inviare qualcuno (lui diceva UNO, ne basta uno) nelle varie assemblee, per avere qualcuno, che riferisse dal di dentro i diversi maneggi e mettesse in luce l'impossibilità congenita delle istituzioni rappresentative di combinare qualcosa di buono. Dimostrando con i fatti la superiorità della democrazia diretta. Di qui la decisione irrevocabile di non partecipare ad alcuna alleanza, che esclude il Movimento, per definizione, dall’ipotesi di vincere le elezioni cui partecipa e quindi di passare a governare le istituzioni, indicando che il ruolo del Movimento nelle elezioni e poi nelle istituzioni non è quello di un partito dal programma adeguato, fianco a fianco con l’arco dei partiti dei malfattori e dei mentitori. Ma di un Movimento contro tutti i partiti, contro i principi stessi che i partiti incarnano. Che i nostri candidati non sono diversi perché sono onesti, ma che sono onesti perché diverso è il ruolo che svolgono.
La politica non è un modo di costruirsi un’identità, neppure uno svago o una professione: la politica è il potere da esercitare in modo condiviso e plurale nella pari dignità dei decisori. Quindi occorre che le decisioni siano pochissime, ferreamente difese e difendibili: per noi infatti il fine della politica non è quello di aggiungere nuove leggi alle troppe che già esistono, ma di decidere insieme, rendendo le leggi progressivamente sempre più inutili.
E che per fare questo i nostri rappresentanti non hanno bisogno di essere retribuiti alla maniera dei nababbi, e che per farli eleggere non ci servono i milioni dei contribuenti che rifiutiamo e schifiamo. Che ci bastano i pochi euro delle sottoscrizioni.
Ma non dimentichiamo che, ripetutamente, Grillo ha ricordato che la lista civica, le elezioni locali e nazionali, NON SONO la cosa più importante, che quel che occorre é RIVOLUZIONARE il modo di fare politica da parte della popolazione. E che la partecipazione alle elezioni é solo accessorio rispetto a questo progetto principale.
Ciò che dobbiamo tenere presente è soprattutto la potenza dell’esempio: tutto ciò che predichiamo per il mondo, deve essere già praticato correntemente fra di noi, in maniera da poter affermare senza tema di smentita “vedete? Noi facciamo così”
In quest’ottica riproponiamo, con delle piccole modifiche frutto dell’esperienza, il modello organizzativo presentato la scorsa primavera, denominato
LA PIRAMIDE ROVESCIATA DEL MOVIMENTO
Il governo deve appartenere al popolo, che lo esercita direttamente, agendo coerentemente con le decisioni che esso stesso ha preso. Questo si chiama autogoverno-
Le decisioni politiche appartengono al popolo, che le definisce attraverso la rete. Questa si chiama democrazia diretta.
La rete è la condizione naturale di un popolo che si sia liberato dalle gerarchie: l’introduzione delle nuove tecnologie ha semplicemente reso molto più facili la comunicazione, l’informazione, l’approfondimento. Ma non ha inventato nulla.
Compito del MoVimento 5 Stelle è creare strumenti idonei a rendere sempre più efficace e il processo per rendere effettivi questi impegni, per dare al popolo il pieno autogoverno, senza mediazioni di sorta.
Per conseguenza il modello organizzativo del MoVimento va pensato come una piramide rovesciata, la cui base – vale a dire il popolo della rete (che sarà nostro impegno rendere sovrapponibile perfettamente con il popolo tutto, informatizzato e non ancora informatizzato (di qui la centralità della battaglia per la connettività) – ha tutti i poteri e tutte le prerogative. A stretto contatto con la totalità della rete, stanno delle organizzazioni locali, presenti contemporaneamente sia fisicamente sul territorio sia su internet, il cui compito è di facilitare in tutti i modi, l’espressione diretta della rete.
Al di sotto, sta un coordinamento regionale, il cui unico fine è di mettere in relazione fra loro i gruppi territoriali.
Sotto a tutti, sta il coordinamento nazionale (ma si potrebbe un domani a immaginare una fuoruscita dai confini nazionali, auspicabile sotto ogni punto di vista) che si occupa di mettere in relazione e facilitare in ogni modo gli organismi regionali.
Il modello è quello federale in cui è la rete a dare forma ai gruppi, e via discendendo. E non quello centralista, per cui è il movimento nazionale a dividersi in gruppi e sottogruppi.
Chi opera nei diversi coordinamenti va guardato come un “dipendente”, cioè una persona chiamata a svolgere un incarico integralmente esecutivo, senza alcuna autonomia di decisione. Naturalmente tutte queste persone avranno intere le loro prerogative in quanto membri della rete. In questo modo svolgere un incarico non comporterà né una promozione né una retrocessione. Uno vale uno dal principio alla fine.
In ogni caso, le deleghe sono temporanee: si può pensare a un periodo iniziale di un anno, con un eventuale rinnovo di sei mesi. Poi, ammesso che uno non abbia urgenza di riposare (e sarebbe un brutto segno perché vorrebbe dire che se l’è presa comoda durante il mandato), si propone in altri temi, per altri settori, su diversi livelli.
Poiché il criterio ispiratore è quello dell’autogoverno, la questione della maggioranza e della minoranza nelle decisioni perdono rilevanza. Ciascuno realizzerà le decisioni che avrà condiviso e non si impegnerà per quelle di cui non è convinto.
Dimissioni e sostituzioni dovrebbero essere guardate non come una disgrazia ma come un’opportunità di discussione e di emersione di nuovi punti di vista e nuove persone.
Ciascuno partecipa alle diverse attività su base volontaria e gratuita: solo se qualche attività non trova nessuno disponibile a fornirla gratuitamente è ammissibile che la si acquisti DALL’ESTERNO. Non esistono rimborsi spese e retribuzioni per nessuno.
La partecipazione alle elezioni a tutti i livelli ha il fine di boicottare e sabotare le attività ostili delle amministrazioni pubbliche e per diffondere gli impulsi che vengono dalla rete. E’ in ogni caso un’attività accessoria dell’attività complessiva della rete e dei suoi strumenti.
I candidati vengono scelti da tutti gli abitanti del territorio che avranno voluto autenticarsi, cioè iscriversi con nome, cognome, curriculum, foto ed e-mail. In questo modo questa stessa assemblea potrà se necessario procedere alla revoca degli eletti in qualsiasi momento, grazie alle dimissioni in bianco presentate prima della nomina. Gli eletti saranno dipendenti dalla popolazione del territorio e non disporranno di alcuna autonomia decisionale.
L’ideale sarebbe, se le contribuzioni lo consentissero, che la retribuzione istituzionale venisse integralmente respinta al mittente, e fosse il MoVimento a provvedere con una somma concordata, basata sulle esigenze diverse di ciascun candidato, intesa a non fargli subire danni in conseguenza dell’attività politica svolta.
I contributi elettorali saranno rifiutati senza eccezioni.
Ugualmente senza eccezioni sono da escludere alleanze e apparentamenti.
Chiunque si candida unicamente nel proprio territorio di residenza, in una sola lista. Se eletto in qualche posto non può per nessuna ragione candidarsi altrove.
Le liste saranno considerate interne al MoVimento se avranno avuto la certificazione di Beppe Grillo; ovvero se la rete operante nel territorio avrà ritenuto in ogni caso opportuno sostenerle. Perlomeno fintanto che il MoVimento non sarà divenuto capace di autocertificarsi, attraverso degli Stati generali che ne fissino gli elementi fondanti.
Il finanziamento del MoVimento sarà demandato essenzialmente al volontariato della rete, che sarà invitata a provvedere a tutte le necessità, possibilmente in natura e non in danaro.
Oppure con iniziative di raccolta fondi, sempre destinati a specifiche iniziative, e corredate da una contabilità trasparente fino alla pignoleria.
I contenuti dell’attività del MoVimento sono competenza esclusiva della rete che si esprimerà sia dal basso, facendo raccogliere le proprie iniziative dagli organismi territoriali, sia in chiave generale, tramite il blog di Beppe Grillo.
Sarà compito delle organizzazioni territoriali creare sia delle cartelle, o dei meetup o dei forum in rete sia delle task force sui diversi argomenti. Sicurezza, immigrazione, privatizzazioni, lavoro, trasporti, opere pubbliche, scuola, sanità…e così via. In sostanza, la suddivisione per ministeri potrà essere una buona falsariga, sia per semplificare i criteri di suddivisione, sia per organizzare il “fiato sul collo” che andrà inteso sia come registrazione di tutte le pubbliche assemblee, sia come raccolta mirata di dati, informazioni, indiscrezioni riguardo ai diversi progetti di governo e opposizione.
Le proposte e le sollecitazioni che verranno dalla rete andranno continuamente ridiscusse e potranno esprimersi con specifiche iniziative sia locali sia nazionali, anche in collegamento con iniziative promosse da altri soggetti. In ogni caso, sarà indispensabile che la partecipazione non avvenga in maniera tale da mettere il MoVimento sul piano di partiti politici o sindacati.
Nessun obiettivo particolare giustificherebbe una simile incoerenza.
In fondo il vero potere politico è proprio quello che permette di esprimere il proprio punto di vista in modo da trovare i compagni di strada adatti ad un progetto di mondo e di civiltà, un mondo fatto di molti mondi, che gravitano nell’universo grazie alla forza di gravità che li unisce in un destino tenendoli vicini ma distanti tra loro.
Il movimento è un metodo che si dà di volta in volta dei programmi, e non già un
programma in cerca di un metodo.
E non è mai per nessun motivo, un’identità che separa chi sta dentro e chi sta fuori.
Il Movimento è una rete: già oggi sta dappertutto. I nuovi arrivati la infittiscono, la
arricchiscono. Non la ingrandiscono, non la appesantiscono.
La nostra bandiera è trasparente, e 5 stelle sono solo l’inizio!
Ciascuno porta la sua stella!