venerdì 18 marzo 2011

Effetto Dor: energia vitale contro energia nucleare


Ho riproposto ieri in questo prezioso angolo di libertà d’espressione che è Barravento, il comunicato di A sud contro il nucleare perché semplice e chiaro

sull’essenziale di un tema scottante, anzi irradiante.

Rileggendolo oggi, mi sono ritrovato come per una inattesa magia a viaggiare a ritroso, ripensando improvvisamente a un ormai lontano episodio riguardante la buonanima gaudente di Wilhelm Reich.

Chi si ricorda ancora di lui, se mai ne ha sentito parlare in un’epoca dove il pensiero pubblicitario ha cortocircuitato ogni riflessione e ogni conoscenza che comportino un dono di concentrazione di una durata superiore all’eiaculazione precoce tipica di ogni spot?

Reich era diventato famoso per un breve periodo, insieme a qualche altro simbolo della contestazione come Marcuse, negli anni euforici intorno al ’68, quando una fetta bella grossa del mondo ha cominciato a credere in una rivoluzione sociale che ribolliva nel calderone di una rivoluzione culturale in atto, mentre un’altra fetta, più piccola, ma forte dei suoi legami con il potere dominante, temeva questa stessa rivoluzione, per interesse o assuefazione, identificandola con lo spettro di un bolscevismo che è risultato essere di fatto la propaganda più efficace per il trionfo effimero del liberalismo occidentale seguito alla caduta del muro della vergogna.

Come annotava già Hegel un secolo prima della società dello spettacolo, il noto, proprio perché noto, non è conosciuto, e negli anni caotici della contestazione, Reich fu preso ad icona della rivoluzione sessuale come se questa potesse esistere separatamente da una rivoluzione sociale d’insieme di cui una libera sessualità fa evidentemente parte sostanziale. Circolò, dunque, allora, in Europa e nel mondo, con il titolo di “La rivoluzione sessuale” un testo di Reich il cui titolo originario era invece “La sessualità nella battaglia culturale: per la ristrutturazione socialista dell’uomo”.

Nella breve fase marxista di questo libero pensatore senza dogmi né pregiudizi, il termine socialista includeva la centralità del sessuale nel rovesciamento di prospettiva di una società economicista funzionalmente antiorgastica, tanto intollerabile nella sua forma liberale dominata dal mercato che in quella statalista dominata dall’ideologia comunista.

L’ampiezza della libertà propugnata da W. Reich è ancora misurabile oggi dalla repressione che una peste emozionale diffusa le ha opposto lungo tutto l’arco della sua vita.

Nell’annus horribilis (per ben altre ragioni) del 1933, Reich fu espulso dal Centro psicanalitico di Vienna di cui era un apprezzato ricercatore, per “ideologia comunista” in seguito alla pubblicazione del suo grosso tomo “L’analisi caratteriale”. La lobby freudiana non poteva sopportare la sua descrizione del carattere genitale, indicato come il motivo dell’espulsione perché in esso si tracciava chiaramente la personalità sociale di un individuo sano come il ritratto di un perfetto comunista. Raus, dunque, dalla psicanalisi ufficiale, ma fuori, nello stesso tempo, dal KPD (partito comunista tedesco) in cui Reich impiegava la sua conoscenza in materia psicosociale per far funzionare dei centri di sexpol in cui un’educazione sessuale aperta e sperimentale formava i giovani comunisti all’emancipazione individuale e sociale del corpo e dello spirito. Questo era l’ideale “socialista” di Reich.

La pubblicazione della sua “Psicologia di massa del fascismo”, dove denunciava il fascismo rosso che aveva ormai inquinato la generosa utopia comunista progressivamente recuperata fino agli obbrobri dello stalinismo, gli è valsa invece l’espulsione immediata dal partito per “psicologismo piccolo borghese”.

Fuggito, prima in Danimarca e poi in Norvegia, alle grinfie dell’antisemitismo nazista, Reich ha sviluppato un nuovo metodo terapeutico (la vegetoterapia) e, dopo il 1939, ormai emigrato negli Stati Uniti, un distacco più netto dalla psicanalisi e dal “socialismo” ha accentuato la sua evoluzione, privilegiando l’aspetto biologico delle sue ricerche. Da questa fase è scaturita la sua teoria dell’energia vitale - energia orgonica - in quanto energia cosmica del vivente.

Evidentemente discutibile, come ogni teoria di cui è giusto sempre dubitare, la sua teoria non è mai stata discussa ma sistematicamente osteggiata. Il suo scambio teorico ed epistolare con Einstein sulle orgon box e sul secondo principio della termodinamica che le riguarda, è esemplare di una scienza sfuggente e imbarazzata perché sottomessa al ricatto dei suoi finanziatori, timorosa dunque di imbarcarsi in elucubrazioni che avrebbero potuto renderla “non grata” al potere economico. (Per chi fosse interessato ad approfondire consiglio: De Marchi, W.Reich, biografia di un’idea, Sugar)

Io non ho più oggi la voglia di un tempo per delineare una conclusione in proposito e non ho mai avuto la conoscenza specifica necessaria per farmi un giudizio definitivo. Resta il fatto verificabile che il metodo scientifico non ha mai deciso in proposito sui temi da verificare empiricamente e laddove ci si è incamminati per farlo, nessun risultato definitivo, in un senso o nell’altro, è mai stato, a mia conoscenza, raggiunto. Ancora oggi la teoria di Reich resta una possibilità da verificare, ma nessuno scienziato sembra veramente interessato a farlo. Per contro, alcune sue intuizioni, per esempio sul cancro, ma non solo, abitano anonimamente, le ricerche più avanzate in materia.

È un fatto che in una società produttivistica la teoria dell’orgasmo è rimossa quasi quanto la sua pratica.

Centri reichiani, comuni reichiane e altre dubbie emanazioni ideologiche del suo pensiero critico, si mescolano al rifiuto rigido e dogmatico della scienza ufficiale di fronte a una sensibilità che è stata suffragata da fatti archiviati in fretta e furia perché non omogenei ai succosi affari legati alle terapie, alle cure e al funzionamento globale della società spettacolare-mercantile.

Questo commovente scienziato, medico, psicanalista e biologo, è morto in prigione negli Stati Uniti (1957) per aver difeso le sue ricerche sull’energia vitale dai burocrati della Food and Drugs Administration che gli imponevano la distruzione delle sue orgon box (accumulatori di energia vitale) perché giudicate inoperanti e inefficaci.

Come non notare che i burocrati della FDA che sono arrivati a fare imprigionare Reich per il suo appassionato rifiuto di distruggere i suoi prototipi, eventualmente inefficaci ma certamente inoffensivi, hanno invece sempre avallato la proliferazione di pesticidi e semenze transgeniche fino all’apoteosi dell’affermarsi trionfale di centrali nucleari nel paese in assoluto il più nuclearizzato del mondo per numero di reattori (solo la Francia lo batte se si relativizza il numero di centrali al territorio disponibile)?

Reich ha attraversato la prima metà del ventesimo secolo sventolando il vessillo dell’amore e della libertà individuale e sociale non da un punto di vista ideologico ma scientifico, dando alla parola scienza, tanto mitizzata, usata a sproposito e contro natura da una società dell’alienazione sempre più tecnologica, il senso empirico e poetico insieme, magari un po’ ingenuo, di un’opposizione dolce e risoluta alle derive meccaniciste di un materialismo volgare e becero e alle derive mistiche di uno spiritualismo psicotico e disincarnato.

La sua teoria dell’orgasmo ha accompagnato il soffio vitale di un nuovo soggetto della storia in fieri finché, a cavallo tra due secoli, la reazione di una potente controriforma economicista non ne ha soffocato la respirazione e le concrete speranze di emancipazione che l’accompagnavano.

In quegli anni cinquanta in cui la società dello spettacolo ha tessuto la ragnatela di un capitalismo che intendeva chiudere definitivamente la morsa intorno all’umano di cui gestisce da secoli l’alienazione e lo sfruttamento, nel suo laboratorio del Maine, Reich studiava gli effetti dell’accumulazione dell’energia vitale nelle sue orgon box, alla ricerca di una terapia per l’uomo e la donna impotenti a godere insieme della vita nella società produttivistica. Per queste sue ricerche utilizzava anche dell’uranio al fine di confrontare l’energia vitale con l’energia radioattiva di questa sostanza letale da cui era da poco scaturita la bomba atomica. Proprio mentre Anders rifletteva sull’obsolescenza dell’uomo in relazione all’energia nucleare e alla bomba, Reich si è avvicinato empiricamente al confronto tra queste due energie così diverse; l’energia vitale cosmica, la cui circolazione (se mai essa esiste) permette la scarica orgastica del vivente, e l’energia radioattiva ( che senza dubbio alcuno esiste) di cui è carico l’uranio e che vampirizza di morte il corpo vivente che le si avvicina.

Si trattava di un cantiere aperto, senza nessuna possibile componente ideologica antinuclearista in un’epoca in cui le centrali nucleari erano ancora virtuali: dopo Hiroshima ma prima di Fukushima, per intenderci.

Ebbene, il contatto avvenuto per caso, nell’arco di una notte, nel laboratorio chiuso, tra un blocco di uranio presente in laboratorio e una orgon box in cui era stata accumulata una dose di energia vitale secondo i criteri usati da Reich, si è tradotto in una specie di reazione a catena in cui tutte le cavie del laboratorio hanno perso la vita e alcuni ricercatori, tra cui lo stesso Reich, sono stati investiti (lamentando per settimane sintomi diversi), da quello che, a posteriori, Reich ha definito l’effetto Dor dell’esperimento Oranur.

Prendetela solo per una favola, la favola della vita contro la morte, del dono naturale dell’orgasmo contro l’accumulazione distruttrice di energia funzionale al business che irrigidisce il vivente in cosa inanimata. Ve l’ho raccontata senza consultare le fonti e magari qualche particolare è impreciso come in ogni tradizione orale, ma può servire a riflettere per una scelta di vita che si potrebbe declinare così: orgasmo o barbarie. Col vantaggio di liberarsi di un socialismo, quello stesso rivendicato e poi abbandonato da Reich, che ridotto a ideologia, non ha mai potuto trasformarsi da utopia astratta a progetto godibile.

Nel tentativo, oggi più che mai commovente e attuale, di emanciparsi da tutte le ideologie, dal comunismo autoritario al liberalismo sfrenato, gli insorti della vita quotidiana che per qualche decennio hanno resistito al lavoro salariato e alla sua società di schiavi incatenati al consumo, hanno trovato nella critica dell’economia politica, nella critica della vita quotidiana e nella critica dell’impotenza orgastica i tre pilastri di un’utopia che stava per diventare coscienza pratica e di conseguenza realtà.

Per i boccioli che, dal Nordafrica al Chiapas, dalle campagne in fermento alle città in subbuglio, tornano a far sentire la voglia orgastica della primavera, non si tratta neppure più di enunciare la pretesa di realizzare una nobile utopia, si tratta ormai di salvarsi semplicemente la pelle di ognuno e la vita di tutti dai terroristi del profitto il cui totalitarismo in crisi è dovunque la rovina dell’umanità.

Sergio Ghirardi