sabato 5 marzo 2011

La civilta' empatica, a proposito della teoria di Rifkin








La civilta' empatica (doppiato in italiano) By Guzziman e Alepeace



E' molto simile a quello che penso anche io da un pezzo. Secondo me basta leggere nell'esperienza del vivente in genere: tutto congiura e si organizza nel senso del piacere e quindi dell'empatia che con il piacere ha molto a che fare, infatti attiene la sensibilità che come è noto funge da cassa di risonanza del piacere, molla invincibile e baluardo dell'evoluzione di tutte le specie.
Semmai la teoria di Rifkin non pare considerare che l'egoismo o altri valori indicati come negativi, sono invece un segnale che proprio l'empatia permette di avere questo "egoismo allargato" che non mette più in contrapposizione tra loro (come invece pare fare lui), i lati conflittuali delle personalità empatiche, anzi ne vede la sfaccettatura e ricchezza di differenze.
Infatti per superare le ideologie e le superstizioni prima di tutto occorre non abolire le differenze: la varietà e la ricchezza di diverse esperienze e punti di vista rende ancor meglio affinata questa sensibilità condivisa e quindi potente ed efficace fino al punto che possiamo sentire l'altro anche senza doverlo né subire né violentare.
Possiamo imparare a trovare la “giusta distanza” nelle relazioni tutte.
Mi viene in mente la favola dei porcospini di Schopenhauer:

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Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco dal rimanere assiderati. ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò a stare di nuovo insieme, si ripetè quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali, finchè non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore soluzione. così, il bisogno di società, che scaturisce dalvuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro moltepici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza si trova nella cortesia e nelle buone maniere. A colui che non mantiene la distanza si dice in Inghilterra: keep your distance! Con essa il bisogno del calore reciproco viene soddisfatto in modo incompleto, in compenso, però, non si soffre delle spine altrui. Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare nè ricevere sensazioni sgradevoli.




A. Schopenhauer da " Parerga e paralipomena"


Questo amore per se stessi che ci permette di sentire l'amore degli altri non può impedirci di sentire anche l'odio e l'angoscia, ma non credo sia realistico opporsi a questa evidenza semmai andare più in profondità nella consapevolezza di ciascuno per rendere la nostra tenerezza davvero grande e potente.
La fragilità e l'inadeguatezza infatti sarebbe stata proprio la grande occasione di cui l'umanità ha "goduto" per arrivare ad un così elevato livello di coscienza e cultura come parti strutturali della propria biologia.
Una sorta di mutazione che ha sviluppato le aree del cervello più che in ogni altro primate proprio perché questa "natura difettosa" degli umani, privi di zanne, di unghie o di ali, li ha invece dotati di grande capacità di colmare le lacune attraverso l'intelligenza.
Quindi questo bagaglio culturale ci è necessario come per altre specie è l'istinto.
Dunque a partire dalla semplice osservazione del nostro modo di essere al mondo e di vivere, possiamo capire quale dote importante sia l'empatia.
Noi che fin dall'antica Grecia ci definiamo "i mortali" possiamo dare valore a questa vita in balia del destino solo se troviamo il modo di scrivere la nostra storia individuale insieme ai nostri contemporanei, nel doppio ruolo di testimoni e co-autori della nostra vita come noi della loro.
Insieme costruiamo storia e cultura per oltrepassare il tempo e lo spazio con un messaggio decifrabile, come un fiore che getta il suo polline perché venga raccolto e portato dal vento.