mercoledì 23 marzo 2011

La Libia è vicina



Il tormentone ideologico sull’intervento in Libia è un figlio malformato dell’opposizione spettacolare, cioé finta, tra due cinismi: quello degli affari globalizzati e quello dell’anticapitalismo burocratico sopravvissuto.

Tutti i sinistri figuri che invocano il rispetto della sovranità dello Stato libico di Gheddafi sono i nipotini spirituali degli stalinisti di un tempo, mentre i destri affaristi passati dal baciamano ai bombardamenti, sono gli eterni sgherri di una civiltà produttivista moribonda il cui suicidio finale s’annuncia radioso a Fukushima.


Mezzo secolo fa, in nome di un antiimperialismo binario si giustificava il fascismo rosso dell’URSS, niente affatto sovietica, per denunciare l’imperialismo americano, niente affatto democratico, e viceversa. Ora, finito il secolo del manicheismo ideologico nel totalitarismo economico, la stessa impotenza binaria ottenebra i critici beceri della faccia liberale del capitalismo e i loro miserabili oppositori orfani del diavolo collettivista.

Il vecchio mondo rantola tra guerre e catastrofi. Siamo giunti a una svolta da cui nessuno sfuggirà nel bene o nel male. Cerchiamo almeno di mantenere la lucidità per rifiutare di scegliere tra Talibani e forze di invasione occidentali a Kabul: io sarò sempre con gli afgani anonimi e con il loro diritto a scegliere il loro destino. Nè islamismo né crociati, per quel che mi riguarda.

Mi rifiuto, altrettanto, di sostenere i burattini della democrazia spettacolare (i Sarkozy, Obama, Merkel o Berlusconi e compagnia brutta) oppure il pazzo sanguinario che è da sempre Gheddafi: io sono con gli insorti libici, i soli a dover decidere se un intervento esterno, per quanto evidentemente interessato e imperialista, è, nell’immediato, loro necessario.

Mi schifa chi fa lo stratega rischiando la pelle altrui mentre la nostra civiltà di sfruttamento del lavoro salariato sta crollando sotto le macerie di una società minata dal delirio consumistico.

Solo l’organizzazione libertaria di una democrazia diretta che allargando un’autogestione generalizzata del locale alle nazioni del pianeta abroghi tutti gli Stati mafiosi, è in prospettiva la risposta umana alla disumanità ormai evidente del potere totalitario dell’economia politica.

Sergio Ghirardi