domenica 23 ottobre 2011

Da Genova, destinazione Nuovo Mondo 8) - P. Ranieri


Realismo, estremismo, radicalità

"…posta in gioco tra le istituzioni e attori sociali, nel silenzio assordante della politica, non è la democrazia, né la liberazione dal sistema, né la questione di uguaglianza, ma la libertà di movimento senza impedimenti e che si risolve nell'occupazione di spazi liberati dalla sovranità della burocrazia e dalla continuità della storia, nella dissoluzione della legalità e dei legami precostituiti, nell'azione individuale e antipolitica (senza mediazione)”.

Massimo Ilardi - In nome della strada - Libertà e violenza

" Io so che per voi i popoli non contano niente perché la corte è armata, ma vi supplico di permettermi di dirvi che li si dovrebbe tenere in gran conto, tutte le volte che si riconoscono come un tutto. Allora ce ne stanno: incominciano anche loro a considerare niente i vostri eserciti e il guaio è che la loro forza consiste nella loro immaginazione: e in verità si può dire che, a differenza di tutte le altre forme di potere, essi possono, quando sono arrivati ad un certo punto, tutto ciò che credono di potere. "

(Cardinale di Retz)

Viviamocela con un po' d'ironia, e d'autoironia, questa sacrosanta battaglia. Non facciamone un tormento per noi stessi, perché nel tormento non si regge a lungo, ci si scarica e si cede. Ogni tanto bisogna anche sedersi attorno a un fuoco, e raccontarsi una storia, magari parlando con uno scarafaggio saggio, alla Marcos. Bisogna ritemprarsi lo spirito, senza troppa ansia sulla schiena.

Sdrammatizziamoci l'animo, abbiamo bisogno d'energia, non possiamo fare la conta tutti i giorni alla caccia del consenso, qui non si tratta di fare audience; secondo me il primo grande enorme successo, che è davvero alla nostra portata, è quello di essere un po' più in pace con la nostra coscienza di uomini.

E' già qualcosa d'enorme!

26 luglio 2001 temuchin – Lista Movimento

…non abbiamo diritti da reclamare o rivendicazioni da avanzare, ma piaceri di cui godere

GLI AMICI DI NESSUNO – MESSINA CENTRO KINESIS - TRADATE (VA)

Molte dissociazioni dai violenti, sono risultate – prima e più ancora che infami, come a volte, con un eccesso di reattività, le si è definite – la prova di un’incomprensione assoluta della portata della posta in gioco: «Non si tratta di irresponsabile massimalismo, ma di lucido pragmatismo: anche chi si volesse limitare alle mere riforme, unico orizzonte politico che la miopia dei "grandi leader" di movimento riesce a concepire, dovrebbe tenere a mente l'ammonimento di Marx secondo cui esse si possono ottenere <>. Rincarano i compagni di Vis-à-vis.

Ciascuno ha un'idea propria del modo in cui agisce nella sfera pubblica. C'é chi pensa che in questo ambito la decisione sia necessariamente collettiva: a sua volta quest'impostazione si scinde fra chi crede che la minoranza debba conformarsi alle decisioni della maggioranza; chi crede che le decisioni vadano prese per consenso di chi decide, salvo poi imporsi a tutti coloro che partecipano della dimensione spazio-temporale della decisione; chi pensa che le decisioni valgano unicamente per coloro che le hanno prese e vadano al massimo suggerite a tutti gli altri, che si potrà PERSUADERE (questo é il mio punto di vista: affermo di passata che i primi due punti di vista presuppongono una polizia - nell'ambito che trattiamo chiamata "servizio d'ordine" – e perciò sono di impianto sbirracchione). Avverte opportunamente Fabio Massimo Nicosia(Lista Libertari –) 3 gennaio 2004 )” la socialdemocrazia è una variante dello Stato di polizia: è costretta a imporre tutta una serie di regole che poi deve per forza implementare col sistema poliziesco-carcerario”

Vi sono poi alcuni che reputano che la decisione collettiva sia sempre e comunque una scassatura di palle, e che solo l'individuo può regolare le proprie azioni senza prevaricare ed essere prevaricato. Quest’ultimo punto di vista, però, ha il limite di presupporre il deserto e di creare il deserto: trattando tutti i presenti quasi fossero nemici, tende a suscitare in loro l’inimicizia, l’autodifesa, l’arroccamento

A Genova erano in piazza persone amiche di ciascuno di questi punti di vista, in numeri variabili.

Essere in piazza in un determinato luogo e momento non implica un'adesione a una manifestazione convocata da qualcuno, né ai criteri da costui fissati, in uno dei modi sopraindicati. Nemmeno lo stato ha la pretesa di fissare la condotta dei singoli in un dato luogo e in un dato momento: pretenderlo converte una manifestazione in una sfilata, in cui non le persone manifestano ciò che credono, ma testimoniano con i loro corpi la forza dell'idea cui dimostrano di aderire.

Quindi é fuori discussione che ciascuno fa come gli aggrada, e nessuno può sostenere che la manifestazione é "sua" e quindi ha certe regole, alla maniera di chi afferma "e qui comando io, e questa è casa mia". Se lo fa si assimila con le proprie stesse scelte, a un poliziotto. E infatti quando le Tute in via Tolemaide fecero resistenza contro gli insorti in ritirata, cercando di estrometterli dal corteo nel pomeriggio di venerdì, si levò da capo lo storico coro, che ha stigmatizzato da decenni gli aspiranti sbirri dei partiti, dei sindacati, delle organizzazioni: "via, via la nuova polizia". C'era, al TPO di Bologna, un bellissimo filmato che illustrava con abbondanza di dettagli la scena. Pare che poi qualcuno abbia ottenuto dei tagli radicali, per occultare questa scena edificante e l'altra in cui Casarini e Farina raccomandavano a tutti di non diffondere la notizia che c'era stato il morto...(sta zito, Diocàn, sta zitooo…)

in ogni caso coloro che hanno fissato le regole delle giornate di Genova, lo hanno fatto in base alle regole della democrazia contemporanea: alcuni soggetti, avendo scelto di essere delegati, hanno scelto e qualificato una platea di deleganti, la cui democraticità sarebbe dimostrata e accertata dal fatto di aver scelto come propri delegati dei sinceri democratici!

Sfumato ogni soggetto collettivo reale, i soggetti collettivi divengono vere e proprie emanazioni del potere che è stato loro alienato e di cui acquistano coscienza solo dopo esserne stati espropriati. L’assemblea, così come il popolo degli elettori, è in tal modo sempre sovrana IN UN ALTRO MOMENTO, e la sua sovranità, lungi dall’essere opposta ai delegati, si contrappone sempre a chi pretenderebbe di parlare ed agire in prima persona.

Beninteso, il fatto di essere incoercibile non implica che qualsiasi scelta debba risultare appropriata agli occhi di ciascuno. Nulla vieta di giudicare inopportune le devastazioni dei BB e anche di tanti altri: solo che questo si dice, si argomenta, si dimostra. Fra persone libere, ci si convince. A Genova non era il caso di fare come a Praga, o a Nizza? Gandhi ha coinvolto nel suo progetto non-violento la grande maggioranza degli indipendentisti indiani: ma per farlo, non ha usato il servizio d'ordine.

Non esiste imposizione di regole senza poliziotti che la impongano. I poliziotti dei movimenti di opposizione si chiamano servizi d'ordine.

I servizi d'ordine di oggi, sono la polizia di domani: sia nello spirito sia nella sostanza, come dimostrano abbondantemente le migliaia di garibaldini che, doo avere imbrigliato, regolamentato, normalizzato il movimento partigiano, nell'aprile del 1945, smisero il fazzoletto rosso per l'uniforme della polizia. Coloro i quali vogliono imporre delle norme al processo sovversivo, sono gli stessi che, per gli stessi motivi, intendono imporre leggi alla società futura, e non di rado si portano avanti ammiccando, di tempo in tempo, a quelle della società presente. (non c’era un po’ dell’arroganza del proprietario futuro, nella pretesa di Agnoletto che la polizia seguisse le indicazioni del Social Forum, bloccando i violenti fin dalle frontiere? ). Il riformista che si concepisce come erede designato al potere su questa società, adocchia il panorama sempre con lo sguardo rapace e meschino del figlio di papà, povero oggi, ma ricco nel futuro “a babbo morto”.

Fra Genova 1960 e Genova 2001 un'analogia - la reazione di migliaia di persone non inquadrate né organizzate a una prepotenza vissuta come inaccettabile mi pare ci sia.

E retorico piuttosto che chiedersi dove sarebbe oggi il Che - all'ospizio, magari, che cosa vuol dire? - mi pare sia utilizzare tutta una terminologia guerriera e però poi dire, come hanno fatto in tanti, che la gente a Genova non era venuta per fare la rivoluzione. I casi sono due: o non è vero, e quindi cadono i suoi presupposti; o é vero, e allora perché se ne recitano le forme ipostatizzate? E non é questa una provocazione e un inganno verso coloro i quali - vedendo tutto questo rosseggiare di intenzioni - pensano che sia scoccata l'ora x? No, dovrebbero essere questi ultimi a capire che é tutta una finta, tutta una pagliacciata. E d'altronde occorre ammetterlo: come fanno a non capirlo, vedendo l'adunarsi sui palchi e nei punti più sicuri dei cortei di così tante facce di merda? Se c'é un modo certo per riconoscere una rivoluzione è infatti questo: che leader politici e sindacali, consiglieri, deputati, assessori, sindaci, gonfaloni, vigili urbani, labari, tricolori e altre bandiere nazionali, foto del sozzone Pertini e spacciatori di souvenir, o sono assenti, o sono dall'altra parte, nel loro alveo naturale, fra le guardie.

io credo che la gente cambi idea quando legge e riconosce la tua coerenza, non certo quando cerchi di presentargli la tua pillola più attraente, per non fargli subodorare la medicina. Se fai così, ti chiama ipocrita, che è quello che regolarmente viene da pensare della sinistra, che appunto "cerca
consensi", facendo la carina, parlando solo delle botte prese e non di quelle date, etc..Le persone son molto meno pecorone di ciò che credono i leader in cerca di gregge: questi ultimi se le fingono così, perché
altrimenti la possibilità di porsi alla loro testa non esisterebbe

La via maestra é partire da sé stessi e dalle proprie ragioni, non obbedire e non comandare, non delegare e non essere delegato. Se sei molto isolato, un simile presupposto può inizialmente ridurre le tue chance di agire, con il vantaggio, però, di essere la tua unica bussola (di poli Nord uno ce n'é, gli altri stroppiano). Non sei particolarmente imbecille (masochista, si direbbe, semmai): quasi tutti siamo travolti dalla Babele ossessiva di questa società che ti ripete "non c'è niente che tu possa fare al di fuori di me". Mentre é vero proprio l'opposto il fatto che io sia libero di fare qualsiasi cosa, non implica che io lo faccia. Io posso rinunciare a una mia libertà per il solo fatto di farti contento. Secondo me la libertà assoluta va praticata in un contesto amichevole, di simpatia, di comprensione, di attenzione reciproca. Ma questa simpatia é un piacere e una libertà, non un dovere e un obbligo. La solidarietà é un dono che ci si scambia, per il piacere di essere insieme, nello stesso luogo e nello stesso momento. E' il contrario del senso civico, del dovere sociale, del rispetto della legge.

Non é più semplice che ciascuno sovverta come meglio crede e cerchi di convincere gli altri ad agire come lui, piuttosto che sedere a tavolino a stabilire chi sia rivoluzionario e chi no? l'ufficio che rilasciava patenti rivoluzionarie l'abbiamo bruciato a Genova.