giovedì 27 ottobre 2011

LA GRATUITA E’ L’ARMA ASSOLUTA


Avevo appena finito di scarabocchiare questa replica quando ho ricevuto il testo di un’intervista, rischiarante sostegno alla mia sensibilità antimillenarista.

Quando, com’era del resto prevedibile, rode sulla laicità delle frqgili rivoluzioni democratiche nordafricane il recupero oscurantista di un fanatismo arcaico, mi sono fatto il piacere, oltre ottimismi e pessimismi, di tradurvela immediatamente. (S.G.)

Da Siné Mensuel, Ottobre 2011. Intervista a Raoul Vaneigem da parte di un suo vecchio amico:

Membro dell’Internazionale Situazionista dal 1961 al 1970, Raoul Vaneigem é l’autore del Trattato del saper vivere all’uso delle giovani generazioni. Da questo scritto, elaborato alla metà degli anni sessanta, del quale ho recentemente rivisto integralmente la traduzione per Castelvecchi, Roma 2006, sono usciti gli slogan più incisivi del maggio ‘68. Al Trattato sono seguiti una trentina di libri, in parte anch’essi da me tradotti in italiano. Per ultimo, Lo Stato non é più niente, sta a noi essere tutto, Nautilus, Torino 2011.


Siné Mensuel : puoi dare una breve definizione dei situazionisti?

Raoul Vaneigem: No. Il vivente é irriducibile alle definizioni. Quel che c’era di vivo e di radicale nei situazionisti continua a svilupparsi tra le quinte di uno spettacolo che ha tutte le ragioni di tacerlo e di nasconderlo. Per contro, il recupero ideologico di cui questa radicalità fa oggetto conosce una notorietà mondana i cui interessi non hanno nulla in comune con i miei.

Che cosa intendevano i situazionisti affermando che il situazionismo non esiste?

I situazionisti sono sempre stati ostili alle ideologie e parlare di situazionismo significa mettere un’ideologia dove non ce n’é.

Per quale ragione hai rotto con l’Internazionale Situazionista nel 1970? Che cosa pensi, dopo tanto tempo, di Guy Debord?

Ho rotto perché la radicalità che era stata prioritaria fino al maggio 68 si stava dissolvendo in comportamenti burocratici. Ciascuno ha allora scelto di continuare da solo il proprio cammino o di abbandonare il progetto di una società autogestita. Forse tra Debord e me ha funzionato più la complicità che l’affetto, ma poco importa la rottura! Quel che é stato sinceramente vissuto non va mai perso. Il resto é solo la schiuma della futilità.

Che sguardo porti sul movimento degli indignati?

Si tratta di una reazione di salute pubblica contro la rassegnazione e la paura che danno alla tirannia del capitalismo finanziario il miglior sostegno. Tuttavia l’indignazione non basta. Si tratta meno di lottare contro un sistema che sprofonda che in favore di nuove strutture sociali fondate sulla democrazia diretta. Allorché lo Stato mette in demolizione i servizi pubblici, soltanto un movimento autogestionario può incaricarsi del bene di tutti.

L’utopismo é sempre all’ordine del giorno?

L’utopismo? Ormai é l’inferno del passato. Siamo sempre stati costretti a vivere in un luogo che é dappertutto mentre noi non siamo da nessuna parte. Questa realtà é quella del nostro esilio. Ci é stata imposta da millenni da un’economia fondata sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. L’ideologia umanista ci ha fatto credere che eravamo umani quando restavamo in buona parte ridotti allo stato di bestie il cui istinto predatore si soddisfaceva tramite la volontà di potere e d’appropriazione. La nostra « valle di lacrime » era considerata il migliore dei mondi possibili. Ebbene, abbiamo forse inventato un modo di esistenza più fantasistico e assurdo dell’onnipotente crudeltà degli dei, della casta dei preti e dei principi regnanti su popoli asserviti, dell’obbligo di lavorare accreditato di garantire la gioia facendo fede al paradiso stalinista, al terzo Reich millenarista, alla rivoluzione culturale maoista, alla società del benessere mercantile del Welfare-State, al totalitarismo del denaro al di fuori del quale non esisterebbe salvezza individuale o sociale, all’idea, infine, che la sopravvivenza é tutto e la vita non é niente? A questo tipo di utopia che passa per la realtà, s’oppone la sola realtà che conta: quel che noi cerchiamo di vivere assicurando la nostra felicità e quella di tutti. Ormai non siamo più nell’utopia, siamo al cuore di una mutazione, di un cambio di civiltà che s’abbozza sotto i nostri occhi e che molti, accecati dall’oscurantismo dominante, sono incapaci di cogliere. Infatti la ricerca del profitto rende gli uomini dei bruti predatori, insensibili e stupidi.

Spiegaci in che modo, secondo te, la gratuità é un primo passo decisivo verso la fine del denaro.

Il denaro non si sta solo svalutando (il potere d’acquisto lo prova), s’investe in modo cosi selvaggio nella bolla della speculazione borsistica che essa é destinata a implodere. Il tornado del profitto a breve termine distrugge tutto sul suo passaggio, sterilizza la terra e rinsecchisce la vita per trarne dei benefici vani. La vita concepita umanamente é incompatibile con l’economia che sfrutta l’uomo e la terra a fini di lucro. A differenza della sopravvivenza, la vita dona e si dona. La gratuità é l’arma assoluta contro la dittatura del profitto. In Grecia il movimento « Non pagate più! » cresce. All’inizio gli automobilisti hanno rifiutato i pedaggi con il sostegno di un collettivo di avvocati che denuncia lo Stato accusandolo di aver venduto le autostrade a delle imprese private. Ora é questione di rifiutare il pagamento dei trasporti pubblici, di esigere la gratuità delle cure mediche e dell’insegnamento, di smettere di pagare le tasse e le imposte che servono a rimborsare le malversazioni bancarie e ad arricchire gli azionisti. La lotta per il godimento di sé e del mondo non passa per il denaro, al contrario, lo esclude assolutamente.

Risulta aberrante che uno sciopero impedisca la libera circolazione delle persone allorché potrebbe decretare la gratuità dei trasporti, delle cure, dell’insegnamento. Si finirà pure per capire, prima del crack finanziario annunciato, che la gratuità é l’arma assoluta della vita contro l’economia.

Non si tratta di spezzare gli uomini ma di rompere il sistema che li sfrutta e le macchine che fanno pagare.

Tu inciti alla disobbedienza civile, che cosa intendi con questo?

E’ quello che accade in Grecia, in Spagna, in Tunisia, in Portogallo. E’ quanto riassume il mio pamphlet scritto per degli amici libertari di Salonicco: Lo Stato non é più niente, sta a noi essere tutto. La disobbedienza civile non é un fine in sé. Essa é la via verso la democrazia diretta e verso l’autogestione generalizzata, cioè la creazione delle condizioni propizie alla felicità individuale e collettiva.

Il progetto d’autogestione abbozza la sua realizzazione quando un’assemblea decide d’ignorare lo Stato e di mettere in funzione, di sua propria iniziativa, le strutture capaci di rispondere ai bisogni individuali e collettivi. Dal 1936 al 1939, le collettività libertarie dell’Andalusia, dell’Aragonese e della Catalogna hanno sperimentato con successo il sistema autogestionario. Il partito comunista spagnolo e l’esercito di Lister le hanno schiacciate aprendo la via alle truppe franchiste.

Niente mi pare più importante, oggi, che la messa in atto di collettività autogestite, capaci di svilupparsi allorché il crollo del sistema monetario farà sparire il denaro e con lui un modo di pensare integrato ai costumi da millenni.

Tu disapprovi il sistema carcerario ma nel 1996, in seguito all’affare Dutroux, hai partecipato a Bruxelles alla Marcia bianca che secondo la stampa francese reclamava una repressione più forte degli atti di pedofilia. Non é contradditorio?

Ecco un buon esempio di contro verità giornalistica manifesta. Se i genitori delle vittime di Dutroux avessero reclamato la pena di morte per l’assassino, la folla avrebbe abbondato in tal senso.

Ora, é accaduto il contrario. Ammiro il coraggio e il senso umano di Gino e Carine Russo che si sono opposti risolutamente a ogni idea di pena di morte (hanno persino prevenuto che non avrebbero accettato che l’assassino fosse, secondo il costume, liquidato dagli altri prigionieri). La Marcia bianca é stata il rarissimo esempio di un’emozione popolare che richiamava al rifiuto della pedofilia in nome dell’umano e del rifiuto dei predatori, non tramite la via della repressione. Si é manifestata là una dignità incompatibile con l’ignominia populista che consiste nel servirsi dell’emozione per promuovere la bestialità repressiva, la vendetta. Dove si vede, oggi, una reazione collettiva denunciare questa strategia del capro espiatorio che per impedire alla collera dei cittadini di riversarsi contro le mafie affariste che li mandano in rovina, suona il campanello della paura e dell’insicurezza per designare come minaccia e nemico potenziale l’altro, lo straniero, il diverso - ebreo, arabo, zigano, omosessuale o, se necessario, semplice vicino?

Tu hai diversi figli. Non trovi crudele fare nascere deliberatamente dei nuovi esseri in un mondo di questo tipo?

Esecro la politica di incremento delle nascite che moltiplicando meccanicamente i bambini li condanna alla miseria, alla malattia, alle carenze affettive, allo sfruttamento laborioso, militare e sessuale. Solo l’oscurantismo religioso, ideologico e affarista vi trova il suo tornaconto. Rifiuto, tuttavia, che uno Stato o un’autorità qualunque mi impongano i loro ukase. Ognuno ha il diritto di avere dei figli o di non averne. L’importante é che siano desiderati e concepiti con la coscienza che tutto sarà fatto per renderli felici. Sono queste giovani generazioni - totalmente diverse da quelle frutto dell’autoritarismo familiare, del culto della predazione, dell’ipocrisia religiosa - che stanno opponendo oggi, per quanto confusamente, la libertà di vivere secondo i propri desideri al totalitarismo mercantile e ai suoi servi politici.

Parlaci della causa animale, della quale a lungo i pensatori rivoluzionari non hanno tenuto alcun conto.

Si tratta meno di una causa animale che di una riconciliazione dell’uomo con una natura terrestre da lui finora sfruttata a fini di lucro. Quel che ha ostacolato l’evoluzione dell’uomo verso un’effettiva umanità, é l’alienazione del corpo assoggettato al lavoro, lo sfruttamento della forza di vita trasformata in forza di produzione. La nostra animalità residua é stata rimossa in nome di uno spirito che non era altro che l’emanazione di un potere celeste e temporale incaricato di domare la materia terrestre e corporea. Oggi l’alleanza con le energie naturali si prepara a soppiantare il saccheggio delle risorse planetarie e vitali. Riscoprire la nostra parentela con il regno animale vuol dire riconciliarci con la bestia che é in noi, affinarla invece di opprimerla, di rimuoverla e di condannarla alle crudeltà dello sfogo. La nostra umanizzazione implica il riconoscimento del diritto dell’animale a essere rispettato nella sua specificità.

Per principio, in Belgio, il voto é obbligatorio. Hai già votato nella tua vita? E se no, paghi le multe relative?

Non voto mai e non ho mai ricevuto multe.

Quale lezione trarre da questo lungo anno nel quale il Belgio ha fatto a meno di qualsiasi governo?

Nessuno. Durante il sonno redditizio degli uomini politici - 55 ministri che non hanno problemi per arrivare alla fine del mese - le mafie finanziarie continuano a dettare legge e fanno bénissimo a meno dei servi ai loro piedi.

Come vedi la « rivoluzione » in corso nei paesi arabi? L’Islam ti sembra una minaccia per essa?

Dove vince il sociale, le preoccupazioni religiose evaporano. La libertà che oggi si sbarazza della tirannia laica finirà per non accettare una tirannia religiosa. L’Islam è destinato alla democratizzazione e a conoscere lo stesso declino del cristianesimo. Ho apprezzato lo slogan tunisino: « libertà per la preghiera, libertà per l’aperitivo! ».

Finalmente resti un irriducibile ottimista, vero?

Potrei accontentarmi della formula di Scutenaire: « Pessimisti che cosa avevate dunque sperato? »*, ma io non sono né ottimista né pessimista. Me ne fotto delle definizioni. Voglio vivere ricominciando ogni giorno. Bisognerà pure che la denuncia e il rifiuto delle condizioni insopportabili che ci sono imposte lascino il posto alla messa in atto di una società umana assolutamente in rottura con la società mercantile.

Intervista realizzata da Jean-Pierre Bouyxou

* Louis Scutenaire (1905-1987) é l’autore di Mes inscriptions.

R. Vaneigem gli ha dedicato un libro nella collezione « Poètes d’aujourd’hui », Seghers 1991.