giovedì 3 maggio 2012

“I Francesi so’ rivati… …Et voilà, et voilà, calci in culo alla libertà !”*





“I Francesi so’ rivati…

…Et voilà, et voilà, calci in culo alla libertà !”*
*Vecchia canzone reazionaria borbonica antifrancese

Il Marais, dove vince la gauche caviar
articolo di Giacomo Rosso, Il Fatto 2 maggio 2012
Sfoglio con impazienza le pagine del quotidiano Le Monde, che ha appena pubblicato tutti i risultati elettorali del primo turno delle presidenziali, seggio per seggio. Cerco i dati dell’Ile de France, poi mi concentro su quelli di Parigi. I segni premonitori di un’inedita svolta elettorale a sinistra della capitale francese ci sono tutti.
È la prima volta nella storia della quinta Repubblica, infatti, che a Parigi il candidato socialista è in testa al primo turno. Con il 34,8% dei voti totali, François Hollande ha vinto in 13 arrondissement sui 20 complessivi della capitale. In più – altro dato unico e sorprendente – la somma di tutti i voti raccolti dai candidati della sinistra superano il 50% del totale. Non è che per caso la capitale francese si è spostata a sinistra?
Mi metto a spulciare i risultati, arrondissement per arrondissement, quasi fossi un antropologo. È incredibile come geografia e sociologia possano sposarsi a meraviglia all’interno del panorama urbano della capitale francese. Dimmi dove abiti e ti dirò chi sei.
Il quartiere che mi interessa maggiormente è il 3° arrondissement, quello che i parigini stessi definiscono, non senza una nota di disprezzo, il quartierie più “bobo”, ovvero il più radical chic. È il quartiere dei bar e dei “restò” più à la mode, delle gallerie d’arte più di tendenza, degli alimentari rigorosamente “biò” che sembrano delle gioiellerie dell’ortofrutta, delle micro boutique specializzate in tutto ciò che c’è di più superfluo. Da qui la lotta di classe se n’è andata da un bel pezzo: è rimasta soltanto tanta classe. Ai candidati minori della sinistra progressista ed ecologista, come il vulcanico Jean-Luc Mélenchon, ma soprattutto la verdissima Eva Joly, non resta che provare a rastrellare i voti della cosiddetta gauche caviar.
In questo arrondissement, il cui cuore è rappresentato dall’elegantissimo Marais, a due passi dall’Hotel de Ville, dove il prezzo medio delle case sfiora i 10.000 euro al metro quadro, Hollande ha stravinto. Con un impressionante 40,1% di preferenze, il candidato socialista ha staccato alla grande il rivale e presidente uscente Sarkozy, che si è fermato al 28,5%. «Sì, la gente è di sinistra, ma non sono certo dei comunisti», mi conferma Jacques, proprietario della galleria d’arte che porta il suo nome. «Con qualche furbata elettorale – aggiunge, – Hollande è riuscito ad accaparrarsi i voti degli ecologisti e della sinistra più radicale». Infatti sia il Front de Gauche che il partito ecologista non sono riusciti ad andare rispettivamente oltre il 10% e il 5% delle preferenze.
Jacques è un istituzione nel quartiere. Non abita qui, ma è come se lo facesse. Nessuno meglio di lui è in grado di rispecchiare l’essenza stessa del quartiere. Raffinato, colto, benestante e amante dell’arte contemporanea, il mio amico gallerista conosce molto bene gli abitanti del quartiere, che sono prima di tutto suoi clienti: collezionisti forse un po’ snob e dall’aria decandente, ma con un gran gusto. «Da qualche anno a questa parte – mi racconta Jacques, – essere ecologista va di moda. Tuttavia il Ps è riuscito ad attrarre un maggior numero di voti rispetto alla concorrenza più radicale non soltanto grazie alla promessa del voto utile, ma anche a causa dell’immagine di solidità e serietà che il partito e il suo candidato hanno saputo trasmettere». Nemmeno la minaccia annunciata da Hollande di una tassazione al 75% per i super ricchi è riuscita a dissuadere l’elettorato della gauche champagne. Da queste parti non sono pochi quelli che si vergognano di dire di votare a destra, tanto è il disgusto per l’attuale Presidente della Repubblica. «L’80% delle persone che abitano da queste parti – conferma Jacques – sono ricche o comunque benestanti. È tutta gente che oltre ai soldi ha ricevuto un’educazione di altissimo livello. È difficile trovare qualcuno che avrebbe il coraggio di affermare che voterebbe per Sarkozy, o peggio ancora per Marine Le Pen».
I risultati elettorali non cambiano troppo nemmeno quando mi sposto negli arrondissement meno bourgeois e un po’ più “popolari” del 10° e dell’11°, tra place de la République e Bastille. I quartieri tradizionalmente più sensibili alle cause ambientali hanno deluso le mie aspettative di vedere il grande balzo in avanti degli ecologisti, che si sono fermati a un misero 5%. Ma al terzo posto delle preferenze elettorali c’è il candidato del Front de Gauche, Jean-Luc Mélenchon, con il 14%. Una percentuale al di sopra della media nazionale dell’11%.
«Non ci saranno molte sorprese da queste parti, nemmeno al secondo turno», mi confida Jacques. «È matematicamente certo che vincerà Hollande. Anche a destra c’è chi odia talmente tanto Sarkozy che è disposto a votare il Ps piuttosto che dargli un voto in più». Seppur poco entusiastico, sembra un pronostico credibile.
Commento di Sergio Ghirardi:
Finito di leggere l'articolo mi chiedo le ragioni urgenti che hanno motivato l'autore. Forse un pezzo dovuto oppure un'irreprimibile bisogno di dire la sua ad ogni costo.
Chissà perché una gran parte degli articoli che s'occupano della politica in Francia sono per molti italiani giornalisti, blogghisti o commentatori, occasione di mondanità e di turismo ideologico, aria rifritta. Ciò è ovviamente vero nei due sensi ma non con la stessa intensità: mossi da uno sciovinismo da frustrati, in tutti i nazionalismi sfilano i luoghi comuni, la sudditanza culturale e a volte la stizza del maggiordomo di fronte al presunto signore.
Così qualcuno fa diventare l'obesità un sintomo ideologico, oppure la sociologia dell'habitat si trasforma in un sicuro elemento di appartenenza politica, mentre dall'altra gli italiani sono tutti dei berlusconi che s’ignorano o si sognano tali. Nessuno o quasi che obbietti questa banalità di base: nello spettacolo, il vero è un momento del falso. Dovunque.
Purtroppo il giornalista medio è un produttore di falso che accompagna come un kapò gli schiavi salariati nella loro non-odissea organizzata.
In realtà la situazione politica francese, oltre le sue specificità, è posta di fronte allo stesso dilemma planetario: morire di capitalismo o esplorare un altro mondo possibile?
Molti francesi, bibi o bibò che li si definisca, sono ormai stufi dello spettacolo della democrazia rappresentativa e nel paese comincia a svilupparsi un pensiero autonomo dallo spettacolo politico con una densità assai sorprendente. Lo stesso che si avverte, come un fremito rabbioso, anche in Spagna e Grecia, mentre in Italia il povero Grillo, tra una denuncia rispettabile e una cazzata mal detta, sembra destinato alla caricatura di Giordano Bruno. Gli italiani amano vestirsi a festa per veder bruciare gli eretici.
Ecco, lo sguardo italico sulla situazione francese è quello folcloristico dei pezzi di colore, come si diceva in gergo giornalistico in tempi lontani (oggi, per mia fortuna, non sono più al corrente di come parli la casta mediatica).
Qui in Francia, fuori dal folclore, l'objection de croissance è un tema ricorrente, un forte movimento politico riferentesi alla democrazia diretta (o reale) mette in circolo una riflessione che in Italia ha ancora molte difficoltà a esprimersi.
La questione sociale ha in Bourdieu, Latouche, Gorz e altri spiriti aperti che vi risparmio ma che meritano la scoperta (il che non impedisce la critica, beninteso), un respiro nuovo che rimanda al clima dell'illuminismo che ha preceduto la rivoluzione francese.
Eppure, gli addetti ai lavori transalpini (dalla parte della Val di Susa) mettono la loro lente d’ingrandimento sul nulla spettacolare della politica politicienne, auscultano il bobò, il caviale di sinistra e l'andouille di destra cucinata alla Le Pen come se parlassero della Tour Montparnasse, di foulard d'Hermes o di Chanel n° 5.
Quando stavo a Parigi, nella rue André Del Sarte, sotto la butte Montmartre, per anni mi sono divertito a scoprire gli italiani da lontano, guardando la loro scarpe. Non sono per niente un mago, ma ci azzeccavo sempre.
La frime, in politica come nel vestire indica facilmente il livello della coscienza messa in pratica.
PS  Anticipando i rigurgiti: non sono nè antiitaliano né antifrancese; ce l'ho solo con i servitori volontari di tutti i paesi e gli schiavi felici non mi sono simpatici più di quanto io lo sia a loro.