mercoledì 27 febbraio 2013

LA RIVOLUZIONE ITALIANA





Attenzione a non imballarsi. Non sarebbe la prima volta che avvicinatisi al punto di non ritorno, la normalità strabordante e fobica riesce a trovare un sentiero per dare continuità alle manovre delle sue paure restauratorie.
Niente è fatto ma tutto è ormai possibile perché la crisi sistemica del capitalismo planetario mette l’Italia - anche l’Italia, laboratorio di addomesticamento sociale in un mondo in preda a una lenta ma inarrestabile mutazione epocale - di fronte ai suoi ritardi storici.
Da un lato la caduta del muro di S.Pietro, relativa e travestita da modernizzazione superficiale e teologica, indica che il potere temporale dei papi è ormai simile alla potenza illusoria di papi Berlusconi.
Gli uni incastrati nelle imbarazzanti sacrestie pedofile, l’altro inchiavardato nei suoi deliri di volontà di potenza senile.
Il Berlusconi che tocca simbolicamente il culo di un’impiegata durante un meeting e il prete intimamente foruncoloso che seduce e sodomizza un chierichetto sono i due culi di una stessa medaglia: quella del potere che si sostituisce alla potenza, contento nascostamente di sé ma intimamente insoddisfatto.
L’umiliazione dello stupro, reale o simbolico che sia, indica a chiare lettere che il potere non può soddisfare chi lo esercita ma ne lenisce miracolosamente l’impotenza rimossa che accomuna il superio delle vittime agli odiosi carnefici.
Così si spiega il sorriso di quella povera impiegata di fronte all’orco di carta e di schermo che danza con le sue stampelle dionisiache di fronte al suo culo, esibizionista e voyeur nello stesso tempo dinanzi al mondo intero, cosciente che una tale miseria è un’ottima propaganda elettorale.
Che l’oggetto di cotanta tracotanza imbecille richieda tardivamente le scuse è una sincera e disperata confessione della dialettica servo/padrone.
Così, con la complicità ai dominanti dell’inconscio collettivo fortemente patriarcale, si spiegano i voti vergognosi che per mezzo secolo hanno dato una maggioranza silenziosa alla democrazia cristiana e danno oggi a Berlusconi l’illusione di contare ancora politicamente. Non a caso in Vaticano c’è la massima concentrazione planetaria di guglie e campanili, simboli fallici inequivocabili e tragici epitaffi della potenza orgastica istericizzata e rimossa.
Le vittime volontarie votano fino in fondo il loro padrino-padrone. Poi semmai chiederanno le scuse al suo cadavere trascinandolo nella polvere quando una rivoluzione fascista rimasta a metà avrà scavato la sua tomba elettorale, morale e politica. Nel frattempo, si sarà magari distrutto un paese con guerre spettacolari, militari e/o economiche.
Ha ragione Berlusconi a temere le piazze, ma il pericolo viene per lui tanto da S. Pietro e S. Babila che da piazzale Loreto.
Dimesso un papi se ne fa un altro ed è questo il pericolo per la rivoluzione che ribolle nella pentola della storia.
Non si mette abbastanza in luce come tutte le forme del potere economico e ideologico defluiscano, tristemente, purtroppo, in manifestazioni esplosive e fuori controllo del fantasma sessuale rimosso.
La natura repressa ritorna al galoppo e si manifesta patologicamente laddove una cultura bigotta ha terrorizzato e castrato il desiderio.
Un’altra impotenza fronteggia il potere spettacolarmente dionisiaco dei frequentatori abituali di bordelli sacri e vaticani o profani e arcoriani. Quella dei moralisti di sinistra, questi apollinei cristiani integralisti che mescolano briciole marciscenti d’ideologia socialista e pillole psichedeliche di comunione e liberazione. Anch’essi presi con la mano nella marmellata rivendicano, salvo eccezioni, una trappista astinenza sessuale dalle orge papaline.
Loro stanno con i poveri e se questi non esistessero si premurebbero di inventarli come le dame di carità di un altro tempo.
Siamo dunque circondati da bigotti e invasati, inevitabilmente corrosi dalla corruzione sistemica del capitalismo.
La prima risposta a questo stato di cose è l’indignazione che è però anche l’ultima forma di recupero possibile delle istanze di superamento del vecchio mondo.
La storia ritorna, incessante e ineluttabile, ma si tratta anche di coglierla nella buona direzione.
In Italia il sintomo attuale del ritorno della storia si chiama M5s.
L’Italia ancora viva ha votato Grillo come un salto nel buio sapendo che l’alternativa è la notte in cui tutte le vacche sono nere e i conti in banca sono vuoti.
Ora si tratta di vedere se i cittadini del movimento si faranno riciclare in nuovi spettatori-consumatori di un nuovo spettacolo, in galoppini di una liturgia gattopardesca o se sapranno tener duro fino al raggiungimento dello scopo vero di quest’ennesima pantomima elettorale: abrogare il parlamentarismo non per una restaurazione dittatoriale e un nuovo delirio di potenza ma per una democrazia reale e dunque inevitabilmente diretta.
La “democrazia diretta” deve tornare a essere la tautologia che il capitalismo ha reso necessaria. Così come un’altra tautologia - cibo biologico - diventata un concetto anch’esso necessario in un universo mercantile dove far mangiare merda e veleni fa parte del business planetario.
In politica come in economia si tratta appunto di rompere con la società spettacolar-mercantile e con le sue numerose tautologie necessarie, ma questo comporta una rilocalizzazione della politica e dell’economia preposta alla produzione di beni.
Un nuovo equilibrio radicale va inventato oltre crescita e decrescita facendolo scaturire dal dialogo tra umani e non dalla burocrazia del business redditizio o da un nuovo clero della sobrietà e della semplicità volontaria.
Il soggetto storico, che va ben oltre il M5s e le altre manifestazioni planetarie di un altro mondo possibile, deve dare forma politica al superamento del capitalismo in quanto modo di produzione arrivato al capolinea. Deve però farlo in nome della volontà di vivere e di godere del proprio essere al mondo e non per una triste common decency. L’indecenza di berlusconi va ridicolizzata a forza di orgasmi della storia e non con stringimenti moralistici dello sfintere collettivo.
Con la sua finanziarizzazione il capitalismo è di fronte al suo scacco matto sociale. Non resta che dichiararlo ufficialmente contro tutti gli sgherri (burocrati, gendarmi, preti e giornalisti) che difendono la sua Versailles mediatica.
Per questo, nell’Italia che entra in ritardo nel nuovo secolo, si tratta già di abolire lo Stato Vaticano come primo atto di un’abrogazione internazionale a venire di tutti gli Stati canaglia del pianeta in nome delle comunità umane reali.
Riappropriandosi collettivamente dei beni terreni della Chiesa apostolica e romana la comunità italica, unita nelle sue innumerevoli varianti di dialetti, di cibi e di culture, eliminerà alla radice il problema del debito - vera e propria teologia economicista planetaria.
Un tale laboratorio d’emancipazione abrogherà in conseguenza la democrazia parlamentare attraverso il lavoro di un’assemblea costituente. Essa sarà preposta, tramite assemblee locali collegate dalla rete ma in contatto materiale e corporeo con le agorà di ogni singolo Comune, a restituire l’Italia alla sua ricca storia comunale e alla vocazione planetaria di un superamento dell’economia politica.
Questa rivoluzione è possibile, necessaria al paese e indicativa, ben oltre i suoi confini, di un processo che a termine libererà il pianeta dalla patologia capitalista e dalla peste emozionale che lo regge.
Altrimenti lo spettacolo continuerà e Grillo riprenderà a fare il comico, ma ci sarà poco da ridere.

Sergio Ghirardi