venerdì 31 maggio 2013

dalla parte della volontà di vivere e di godere della vita






risposta  a un coxxxxne che vuole fare del m5s l'ennesimo partito di sinistra: "

 "Quelli come te hanno già cominciato e devono continuare a votare altrove.
Nel M5s, persino tra gli eletti, ci sono molti che aspirano solo a
partecipare al mondo putrido che già esiste ripulendone la facciata. La
vera novità di cui il M5s è già un sintomo (ma può aspirare a partecipare
alla soluzione che può essere solo internazionale) è la lucida volontà di
rottura del paradigma della democrazia spettacolare e rappresentativa,
truffa secolare inventata dai dominanti per fottere i dominati.
Rodotà è una persona onesta ma fa parte della logica del capitalismo etico
di sinistra che non concepisce un altro mondo possibile. 
Oltre le elezioni quel che conta è posizionarsi dalla parte della libertà e della
fratellanzsa nel nuovo conflitto sociale tra produttivisti/servitori
volontari e antiproduttivisti che vogliono l'autogestione generalizzata
della vita quotidiana dappertutto e per tutti. 
 La società dello spettacolo è malata, che crepi e che i morti seppelliscano i loro morti! 
Noi siamo e dobbiamo restare dalla parte della volontà di vivere e di godere della vita"


Banalità che purtroppo sembrano ancora di base in questo mondo di servitori volontari

 commento di Sergio Ghirardi ad un commento su questo post sul blog di Beppe Grillo

I maestrini dalla penna rossa



 Dopo le elezioni comunali parziali che storicamente, come qualsiasi asino sa, sono sempre state diverse come esito e peso rispetto a quelle politiche, c'è un fiorire di maestrini dalla penna rossa. Sono usciti dalle cantine e dai freezer dopo vent'anni di batoste e di vergogne infinite del loro partito, che si chiami pdmenoelle o Sel, non c'è differenza. In prima fila persino, con mio sincero stupore, un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra. E' tornato in grande spolvero il supercazzolaro che non sa nulla né di Ilva, né degli inceneritori concessi alla Marcegaglia, è come le vecchie di "Bocca di Rosa" "Si sa che la gente dà buoni consigli/ se non può più dare cattivo esempio". C'è poi lo smacchiatore di Bettola in grande forma che spiega, con convinzione, che la colpa del governo delle Larghe Intese è del M5S quando il pdmenoelle ha fatto l'impossibile per fottere prima Marini e poi Prodi e non ha neppure preso in considerazione Rodotà.
Belìn, questo ha perso più battaglie del general Cadorna a Caporetto e ci viene venduto da Floris come Nelson a Trafalgar. I maestrini dalla penna rossa sono usciti dal libro Cuore, impersonano però Franti e non Garrone. Mentono agli elettori, fanno inciuci, usano la fionda contro i passerotti e poi nascondono la mano. Renzie, lo statista gonfiato, imperversa con le sue ricette e le critiche al M5S su tutti i canali televisivi preda di compiacenti cortigiane come la Gruber. Renzie non è più sindaco di Firenze da tempo, è diventato un venditore a tempo pieno di sé stesso. Vende in giro un sindaco mai usato, come nuovo. Persino Topo Gigio Veltroni è stato riesumato per discettare delle elezioni, forte della sua esperienza di averle perse tutte, ma proprio tutte. E poi c'è la claque, quella cattiva e quella buona, quella che attacca a testa bassa, la cui esponente è la Finocchiaro che vuole fuorilegge il M5S, accampata in Parlamento da 8 legislature, e quella buona, alla Pippo Civati, che non ha fatto i nomi dei 101 che hanno affossato Prodi, che vive in un partito che succhia da anni centinaia di milioni di finanziamenti pubblici, ma però è tanto buonino. Lo vorresti adottare o, in alternativa, lanciargli un bastone da riporto. Maestrini che vedono la pagliuzza negli occhi del M5S, pagliuzza che spesso non c'è neppure, e non hanno coscienza della trave su cui sono appoggiati.




martedì 28 maggio 2013

ERAN 300, ERAN GIOVANI E FORTI…




Lo spettacolo non fa prigionieri ma trasforma i suoi nemici in comparse.

È quello che sta capitando al M5s se non si sottrae prontamente alla lenta trasformazione di un movimento spontaneo dotato di un autentico nucleo di coscienza radicale nell’ultimo partito politico possibile: quello che ripete come un mantra di volere abolire i partiti mentre rischia di diventarlo e infine sparire.
Quando si lascia annacquare dalle tesi che l’astutissimo e stupido nemico mette in circolazione, prima come barzellette e poi come diktat, la radicalità che consiste nel cogliere l’uomo alla radice tende a spettacolarizzarsi e a fare emergere progressivamente le prime pecore pronte a mordersi la coda per quindici minuti di celebrità, poi per il denaro che circola e corrompe e infine tristemente per la pensione assicurata a vita ai servi vili del parlamentarismo.
Eppure gli ingredienti essenziali che fanno il sale della storia c’erano (e forse ci sono ancora, ma fino a quando, Catilina?) quasi tutti.
Sono convinto che anni fa Grillo si è offerto il lusso di capire e di combattere quel mondo che dopo averlo reso ricco economicamente gli ha mostrato ai margini del suo privilegio consumerista il campo di rovine della sua umanità azzerata come quella di tutti. Forse anche Casaleggio ha gustato alle stesse sostanze perché la tesi complottista che vede nella coppia cui fa oggettivamente capo il movimento 5 stelle un calcolo e un programma di arricchimento personale, non sta in piedi se non in una logica paranoica. Razionalmente, dunque, non per un qualsiasi assurdo atto di fede in un qualunque esecrabile guru, chi aveva già a cuore l’ipotesi di un rovesciamento di prospettiva della società dominante in Italia e nel mondo, si è messo a guardare a questo movimento spontaneo e alle sue manifestazioni con una curiosità disponibile ma pur sempre vigile criticamente. Così, progressivamente, attorno a un semplice Blog nato nella realtà virtuale della rete, un nucleo di umanità resistente all’umiliazione spettacolare si è coagulato attorno a un progetto tuttora in fieri ma ormai nel collimatore del sistema mafioso che ha un’unica opzione: recuperare o eliminare gli avversari.
Forse senza nemmeno troppo saperlo (almeno, io non saprei stabilirlo perché non ho vissuto la genesi e lo sviluppo del M5s) il primitivo coagulo di umanità emerso virtualmente ha finito per farsi carne e sangue, intelligenza e sensibilità, fino a posarsi e riconoscere alcune della sue radici in un processo storico di emancipazione della specie che non aveva certo aspettato Grillo per nascere, crescere, essere in parte sconfitto e abbondantemente rimosso per poi sopravvivere sotterraneamente alla società dominante negli anni bui del piombo e dello spettacolo che dosa violenza e umiliazione per far marciare i suoi schiavi salariati o inginocchiati di fronte a un lavoro che non c’è e alla crisi evocata come un’apocalisse.
Da una parte l’urlo troppo timido degli esclusi e degli alienati ha cominciato a farsi sempre più forte e la loro coscienza di classe riaffiorante a passare dall’indignazione all’azione, rioccupando parti di quel territorio della vita che appartiene a tutti e da cui la maggior parte è esclusa; dall’altra continua a imperversare il potere di un modo di produzione ormai autonomizzato e assurto ovunque a destino artificiale degli uomini. Il nesso tragico di questa insormontabile contraddizione è gestito dalla miserabile classe dominante dei business men multinazionali e monomaniaci assecondati dagli sgherri, dagli scienziati mercenari e dai manipolatori di opinione che innervano i valori della società dello spettacolo nel carattere intimo degli individui della classe dei dominati, ridotti a zombi produttori di valore economico e consumatori di nocività sociali.
Chi ha accesso al potere e opera in suo nome, in genere si volta dall’altra parte quando sente gli urli di chi lo subisce. L’urlo dell’insoddisfatto, del diseredato, del torturato e ancor peggio del rivoltoso sono un fastidio insopportabile per chi ha venduto l’anima al produttivismo della società spettacolare-mercantile.
Il M5s si è voluto proporre come una soluzione di cui forse non possiede la chiave ma è certamente il sintomo italiano e potenzialmente europeo della fine del regno del denaro e della sua inaccettabilità da parte degli esseri umani che ne sono i sudditi sempre più infelici e sempre meno consenzienti.
Siamo alla fine dell’ultimo degli Anciens Régimes della preistoria umana: quello della merce sovrana.
Il rischio è che il M5s finisca per rinnovare involontariamente il consenso al mostro prima di farsi ingoiare da lui proprio per la sua rinuncia a proporsi come elemento di transizione radicale dal parlamentarismo alla democrazia reale.
L’errore peggiore dei pentastellati e dei loro 163 rappresentanti sarebbe di credere che il parlamentarismo sia riformabile e che il loro passaggio nelle istituzioni possa rinnovarne l’utilità. Sarebbe un errore mortale.
Così come i fascisti sono i migliori rappresentanti dei valori della destra capitalistica, selvaggia, ignorante, cinica e barbara, i socialdemocratici sono i migliori esponenti del riformismo corporativo del capitalismo etico che si fonda sulle lacrime di coccodrillo di burocrati, sindacalisti e preti operai che costruiscono le loro carriere sui dolori dei poveri accarrezzandoli nel senso del pelo mentre agevolano il saccheggio.
Stato e Mercato uniti nella rotta dell’umanità, destre autoritarie e liberali alternate a sinistre riformiste e altrettanto diversamente liberali: questo sarà il menù fisso ma variabile fino all’ultimo giorno della società dello spettacolo planetario.
Gli esorcisti che denunciano più spesso il presunto populismo altrui sono i veri populisti e non quelli che invitano il popolo a rivoltarsi autonomamente emancipandosi dalle proprie catene.
Il fatto è che Grillo e i suoi manipoli di giovani entusiasti e un po’ ingenui si contraddicono con una inquietante costanza su alcuni punti cruciali e imbarazzanti ma soprattutto sul nodo centrale del progetto: vogliono mandarli tutti a casa e fanno in modo che a casa rischiano di andarci loro mentre il palazzo continua far festa con o senza  le patetiche macchiette di un berlusconismo ormai alla porta dell’ospizio.
È la banalità del male spettacolare incarnata dagli innumerevoli Scilipoti di ogni gruppo (5s inevitabilmente compresi, da Salsi a Venturino e all’expoliziotto di cui non ricordo neppure il nome) che porta alla vendetta castratrice dei loro sultani plebei da parte degli eunuchi elettori.
Il M5s deve fottersene di perdere i voti di chi gli chiede di diventare un partito serio. Questa serietà è già la sua rovina. Si tratta di intraprendere la lunga marcia di una coscienza radicale che lo spettacolo combatte consapevolmente fin dalla confusione perversa che il sistema fa sempre, amalgamando radicalità e estremismo in uno stesso calderone ideologico in cui tutte le idee sono nere.
I pazzi che si fanno esplodere, pagati in denaro ideologico da guru e servizi segreti vari, vengono usati dallo spettacolo che parla del loro tragico ingaglioffarsi come di una RADICALIZZAZIONE. Ora non c’è niente di più lontano dalla radicalità che entrare in un qualunque progetto fascista del VIVA la MUERTE. Il nichilismo è reazionario dall’estrema destra all’estrema sinistra.
Ogni estremismo fa parte integrante del vecchio mondo di cui è la più macabra appendice ma il popolo castrato esulta quando gli si regala un nemico morto da abbattere senza pericolo. E vota i suoi preti, i suoi burocrati, i suoi torturatori sorridenti e gioviali.
Tempi duri per i mastini che devono farsi da parte quando in attesa della prossima botta è il tempo della carota. A cuccia La Russa, il tempo dei Letta, degli Hollande, Chamberlain di centrosinistra che preparano il ritorno dei duci e dei piccoli padri dei popoli, non durerà poi molto.
Lo spettacolo è quest’eterna alternanza di violenza e paternalismo, di umiliazione e speranza.
Non credo sia un caso che le elezioni di questi giorni facciano riemergere come in un macabro Amarcord la nave fantasma del PD votato dai resti in fuga di elettori profondamente schifati. Gli autoevirati del PD muovono a compassione gli evirati di sempre che  votano fino all’ultimo rantolo della loro servitù volontaria anche quando ormai solo gli zombi consumisti del nulla votano Berlusconi (ma sono ancora tanti e durissimi a morire perché sono già morti).
Lo spettacolo insomma continua e solo contro di lui c’è il partito preso della vita che solo una democrazia consiliare può rendere visibile per quello che è: il 100% della comunità reale e non l’ennesima macabra dittatura di una qualunque maggioranza, fosse pure a 10 stelle.
La lunga marcia che ci aspetta ha il compito di riportare la luce della coscienza nel buio dello spettacolo a luci rosse della decadenza di un’umanità ancora balbuziente. Quando lo spettacolo imperversa bisogna saper attendere lavorando all’informazione capillare di un altro mondo possibile. La democrazia reale è ancora soltanto uno slogan che deve diventare un progetto cosciente capace di introdurci finalmente nella storia umana. Solo allora vinceremo superando finalmente il parlamentarismo come il peggiore dei governi, compresi tutti quelli che lo hanno preceduto nella interminabile preistoria dell’umanità.
Intanto salvate gli eletti popolari che incontrano ogni mattina la mafia in Parlamento, non perché eletti ma perché ne va della nostra umanità e della nostra voglia/necessità di cambiare il mondo.
Altrimenti a Sapri sappiamo (quasi) tutti come andò a finire.  

 
                                                   Sergio Ghirardi

domenica 26 maggio 2013

FUKUSHIMA: SONO TUTTI PAZZI?




Il 5 maggio 2013, Jacques Attali ha pubblicato questo scritto che conferma e denuncia l’operazione d’insabbiamento delirante della sempre attiva trappola nucleare giapponese.
L’importanza di questa testimonianza sta nel fatto che Attali non è affatto un critico della società dominante e del suo orripilante progresso. Emerso negli anni 80  come giovane consigliere di Mitterand, ha in seguito scritto una sorta di biografia politica poco favorevole al Presidente fiorentino, Attali si è poi dedicato con lena a elaborare un progetto per Sarkozy nel periodo di regno di Nicolas il breve. Destra sinistra o sinistra maldestra, tutto fa brodo, Attali è il “progressista tipo” di una sinistra capitalistica ideologica ben oltre le ideologie, un dottore scientista alla Kubrick che sostiene totalmente il sistema come ineluttabile, approfitta dei privilegi annessi al farne parte ma mantiene vivo il fantasma di  un utopismo riformistico utile solo a sdoganare di fatto il modo di produzione dai suoi crimini. L’ultimo dei quali in Giappone è la rimessa in funzione di centrali nucleari che si era deciso di fermare definitivamente.
Non so se per Attali si tratti di un pentimento dovuto all’età. Resta , però, il fatto che il delirio capitalistico e produttivista continua imperterrito mentre il mondo subisce un macabro conto alla rovescia.
Per questo una denuncia tanto netta e preoccupata da parte di uno dei suoi adepti più fedeli ha, secondo me, una valenza particolare che mi ha spinto a tradurla e diffonderla.

Irradiati di tutti i paesi unitevi!
Sergio Ghirardi


Dopo il terribile incidente dell’undici marzo 2011 (un terremoto di 9 gradi sulla scala Richter e uno tsunami di 15 metri), la centrale devastata di Fukushima non sembra aver causato problemi di salute all’esterno del Giappone.
In Giappone, invece, sono stati trovati dei livelli di cesio superiori alla norma autorizzata nei prodotti alimentari.
Inoltre, se si crede a certi dati giapponesi, alcuni dei quali non ancora tradotti, la situazione di Fukushima non è più sotto controllo.

Innanzitutto 400 tonnellate d’acqua vi entrano ogni giorno, inviate dall’operatore, TEPCO, per raffreddare le reazioni nucleari che si susseguono. Le acque sono dunque contaminate e si aggiungono alle 280.000 tonnellate di acqua contaminata già presente. Inoltre la centrale è piena di centinaia di tonnellate di materiale altamente contaminato. Secondo certe informazioni (ottenute da lavoratori del sito che andranno confermate o, si spera, destituite di fondamento), il livello di radioattività nei primi tre reattori (i cui cuori sono entrati in fusione) sarebbe di 800 millisieverts (unità di valutazione dell’impatto radioattivo sull’uomo) nel reattore 1; di 880 millisieverts nel reattore 2; di 1510 millisieverts nel reattore 3. Ora, un uono muore rapidamente se esposto a un livello di 1000 millisieverts. Il reattore 4, fermo al momento dello tsunami, conteneva 1131 unità di combustibile irradiato, ovvero 14225 barre, in una piscina resa estremamente fragile dallo tsunami e senza dubbio, anche a causa di un’esplosione d’idrogeno, ancora non interamente spiegata.

Mentre a Chernobyl una copertura di protezione è stata costruita in sette mesi, mobilizzando 300.000 persone tra cui 30.000 soldati, a Fukushima il livello di radioattività è dunque tale che neanche un commando suicida potrebbe operarvi per più di qualche secondo; neppure si può utilizzare ovunque dei robot perché la struttura è troppo malridotta.

In un raggio di quindici km, le città sono vuote; un po’ più lontano si constata un aumento sensibile delle leucemie e dei tumori al seno; in mare, davanti alla centrale, a 1 km dalla costa, sono stati trovati nei pesci più di 2000 Bq/per kg (misura del numero di disintegrazioni radioattive al secondo per un chilo di materia), cioè quattro volte la dose massima tollerata, mentre in altri pesci più rari sono stati trovati fino a 7400 dosi di cesio oltre il lumite massimo tollerato. Siccome la contaminazione si propaga attraverso il plancton e i pesci piccoli che mangiano il fango contenente le sostanze radioattive, ci sono a 120 km da Fukushima dei pesci contenenti 380 Bq/kg che poi si propagano fino alla baia di Tokio. Al ritmo attuale, secondo l’AIEA, per la decontaminazione ci vorrebbero almeno 4 decenni.

Intanto, molti fatti possono prodursi; si comincia in particolare a temere che la centrale crolli prima che la decontaminazione sia terminata.

Da un lato le strutture di confinamento si stanno rompendo; dall’altro, secondo diversi esperti, si moltiplicano i segni di un prossimo terremoto marino al largo di Nagoya-Osaka o nella regione di Fukushima superiore ai 6 gradi, tale dunque da provocare in certe condizioni uno tsunami di dieci metri. Molto di recente (13 e 21 aprile) diversi terremoti o repliche di forza analoga si sono prodotti nella regione di Fukushima, in terra e mare.
In tal caso, il sistema di raffreddamento andrebbe in panne; i muri di confinamento crollerebbero; le 280.000 tonnellate d’acqua contaminata si riverserebbero sul suolo e in mare; l’unità 4 sarebbe distrutta e le sue barre irradiate non sarebbero più protette: Le conseguenze sarebbero immense per tutto il Giappone e ben oltre. Si dovrebbero in particolare evacuare i 30 milioni di abitanti della regione di Tokio.

Ultimo problema: in mare si trovano delle scorie dello tsunami dal volume equivalente, si dice, a due «monti Fuji». Siccome la tecnologia permette di recuperare soltanto i detriti a meno di 30 metri di profondità, solo la zona costiera è stata ripulita, lasciando la maggior parte dei detriti corrodersi in mare.

Siccome i giapponesi sembrano minimizzare tutti questi problemi che non sono alla portata della loro tecnologia, una mobilitazione dell’intero pianeta diventa necessaria se non si vuole che le conseguenze siano terrificanti per l’umanità. Il prossimo G8 a Londra, in giugno, deve decidere che Fukushima non è più un problema giapponese, ma un problema mondiale.


 Jacques Attali

sabato 25 maggio 2013

Piccola riflessione dopo il primo Forum per la democrazia reale a Le Teil (Francia)




Mapuche
Arrivando a Le Teil ero molto curioso di entrare nel villaggiodei possibili che il tempo esecrabile ha reso impossibile. Al prossimo numero dunque.
Così la settimana si è ridotta al fine settimana della democrazia reale a venire, in un’atmosfera spesso calorosa e umana, tenuto conto dell’amara evidenza che la comunità non esiste ancora e c’è solo l’illusione di essere insieme collettivamente.
Come potrebbe essere diversamente? Ecco la questione rimasta sempre presente lungo tutto l’incontro e spesso taciuta, al di là dei diversi temi affrontati, ingoiati come esche, con passione confusa ma sincera, da parte di cittadini venuti dal nulla.
Ogni incontro spontaneo - come nel caso di Le Teil dove il grosso e notevole lavoro di preparazione di Bernard Bruyat e dei suoi amici dell’OPDLM (Osservatorio delle Pratiche di Sviluppo [Developpement] Locale e Mondiale) ha costituito il dono di uno spazio/tempo dove ciascuno ha potuto provare a essere se stesso - fa emergere qualche affinità ma soprattutto le differenze tra gli individui. Il che risalta tanto al livello dei comportamenti che a quello della coscienza perché le vecchie opposizioni sono tuttaltro che superate (così come, del resto, le frustrazioni personali che le alimentano). Inoltre i reumatismi ideologici dolorosi aumentano con il sussistere più che mai, purtroppo, della presenza invadente del vecchio mondo.
Dietro ogni militante rode sempre una qualche morale, non necessariamente coerente, che vede in ogni negare un rinnegare, in ogni presa di parola una presa di potere. Allorché niente cambia mai, la moralizzazione burocratica dell’altro è l’ultima attività possibile per nascondere la propria impotenza (vuoi la carenza di vera passione) nel cambiare il mondo. Così i limiti inevitabili degli individui diventano spesso i capri espiatori di un collettivismo da bar per dei militanti di base arrivati come turisti per consumare dei discorsi, della mondanità alternativa.
C’è dunque, nella fauna che tutti noi componiamo, il gran parlatore narcisista e il radicale da conferenza che non si lascia intrappolare dalla poesia di un discorso troppo liberamente esposto. Costui vede il parlare con agio come un potere e allora, come non solidarizzare con la sua grinta burocratica nel misurare il numero di frasi e il tempo di parola?
Purtroppo, chi, in nome della democrazia, si proclama distributore della parola di gruppo finisce quasi sempre per approffittarne e darsi il diritto di parlare ad libitum mentre misura la parola altrui. Bisognerà forse trovare un altro modo di regolare questa questione tanto delicata: che ognuno spieghi liberamente i suoi saperi o presunti tali, senza la ghigliottina di un popolo frustrato che vuole condividere la sua frustrazione senza mai denunciare l’impotenza che lo frustra.
Il vero limite sociale evidente di quelli che parlano molto è d’impedire agli altri di fare altrettanto, ma l’uguaglianza sta dunque piuttosto nel parlare ognuno come e quanto crede, non nel fatto che tutti parlino così poco. Non esiste uguaglianza senza libertà né senza differenze visibili. Abbiamo bisogno di tempo, del vero tempo libero da ogni obbligo da schiavi, ma certo anche del diritto assoluto di ricordare a chi parla, in ogni istante, il lato nevrotico della presa di parola, il suo eventuale eccesso disarmonico e la nostra voglia di fare altrettanto.
Obbligare i giovani, le donne o i panda a esprimersi, rileva infatti del paternalismo da professori o psicologi, mica della libertà democratica o dell’uguaglianza fraterna.
Per favorire l’espressione di ciascuno, bisognerebbe piuttosto lasciare agire liberamente le affinità elettive che tendono spontaneamente a dirigere ognuno verso il collettivo più attraente.
Io ho apprezzato, per esempio, l’assenza nel mio atelier di un certo numero d’individui che evidentemente non trovavano simpatica la lezione di un presuntuoso transalpino, specie di filosofo pretestuoso dalla parola facile.
La magia sta nel fatto che sovente l’antipatia è reciproca e va benissimo così. Il che non impedisce di bere un bicchiere insieme e persino, a volte, di comunicare un po’. Si può amare un pochino tutti ma non fare l’amore con tutti, nemmeno in teoria.
Che ogni godimento cerchi e trovi, dunque, il suo possibile interlocutore, in teoria come in pratica. L’insieme delle differenze espresse farà un mondo nuovo secondo la sensibilità di Fourier e non di Stalin.
La paura è effettivamente dovunque, ma essa è un sintomo e non una giustificazione. L’insicurezza è un sentimento fobico. Va dunque trattata come un alibi sintomatico non come una giusta rivendicazione o una saggia precauzione.
Così si supererà, forse, il gioco sadomaso ipnotico che porta ad alleviare se stessi in modo solitario accusando tutti gli altri della propria solitudine. Siamo tutti soli insieme e ci si riunirà davvero quando insieme soddisferemo qualche desiderio anziché rivendicare ossessivamente, come dei sindacalisti del quotidiano, dei tragici bisogni colpevolizzanti.
Da parte mia - la sola parte che posso assumere - dico: basta con gli intellettualismi confusionisti che per riappropriarsi delle parole confiscate dal potere rivendicano il proprio populismo, il proprio nazionalismo. E perché, allora, non rivendicare anche fascismo e razzismo?
Tolleranza per tutti, superamento delle ideologie, certo, ma resta pur sempre necessario scegliere il proprio campo, compagni! Per questo io condivido ancora con l’IS questa divisa pratica: nessun dialogo con i provocatori, nessun dialogo con i coglioni! (Non dimentico, tuttavia, che ognuno di noi è il coglione di qualcun altro, da cui l’importanza delle affinità elettive).
Basta con le terapie da laboratorio per curare l’economia quando si tratta, invece, di salvare gli uomini dalla patologia economica.
La vera riappropriazione delle parole è nel far loro dire quel che la loro etimologia lascia intendere. L’economia è la buona gestione della “casa”, dunque un’economia domestica, punto e basta.
Un populista è un demagogo manipolatore del popolo non un amico del popolo. La causa del popolo è quella del popolo stesso e non quella dei suoi pastori autoproclamati.
Un nazionalista non è un patriota di una nazione viva, ma un autoritario che mette la sua nazione ideologica al di sopra di quelle altrui che neppure riconosce.

Basta con i turisti della rivoluzione che partecipano agli incontri come a un cineforum. Si commuovono fino alle lacrime dopo un film come se i greci o i Mapuche non esistessero se non sullo schermo.
Chi pensa che la rivoluzione è in Grecia ci vada, altrimenti si potrebbe piuttosto intervenire qui e ora nella nostra vita quotidiana che non manca certo di rivoluzioni necessarie nelle nostra affettività, attività, esclusioni intime ecc. Il che mi pare una forma di solidarietà con gli altri meno spettacolare.
I poeti burocrati adorano sempre il calcolo della dita che si levano perché questo è il miglior modo d’ignorare la luna che ci si vergogna di avere lasciato passare durante tutta una vita perduta a guadagnarsela in silenzio.
Che sia a proposito di un discorso, di una persona o di un libro, gli eterni seguaci di una verità indiscutibile, ma cambievole come le ideologie, finiscono sempre delusi dai guru che inseguono freneticamente. Tanto meglio, ma quando smetteranno di seguire prima per odiare dopo?
Tutto ciò non ha più alcun senso, perché niente del vecchio mondo gerarchico può partecipare al superamento necessario della società dello spettacolo.

Senza alcuna pretesa di aver capito o di dire tutto, queste mie parole esprimono una larga parte dei mio sentire.

Con sincera amicizia,

                                                                                        Sergio Ghirardi



PS  Sorry for my french, I’m italian.

aggiungiamo il link con le immagini
http://aixenblog.wordpress.com/1er-forum-national-de-la-democratie/