mercoledì 31 luglio 2013

Tartuffe dappertutto



Credo che l’Italia sia entrata definitivamente in una spirale di decomposizione che solo un sisma sociale potrà interrompere. Non lo dico né con ottimismo o speranza né con preoccupazione. Mi sembra semplicemente una patetica evidenza.

Sergio Ghirardi

 

Processo Mediaset: Tartuffe a Corte

Di Marco Travaglio sul Fatto del 31 luglio

Nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière non è la Francia ma l’Italia, si attende con ansia spasmodica la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset per sapere finalmente se B. è un delinquente matricolato o un innocente perseguitato per fini politici.
Pare infatti, ma si tratta soltanto di voci di corridoio, che parte del Pd avrebbe qualche difficoltà a convivere ancora al governo con il partito guidato, anzi posseduto da un condannato per frode fiscale. E, per capire se B. sia un giglio di campo o un criminale incallito, attendono la sentenza Mediaset in Cassazione. Tutte le precedenti è come se non fossero mai state pronunciate, solo perché non erano condanne definitive. Poco importa se lo dichiaravano responsabile di reati gravissimi, come la falsa testimonianza sulla P2 (amnistiata), le tangenti a Craxi (cadute in prescrizione), svariati falsi in bilancio (reato depenalizzato da lui), la corruzione giudiziaria (prescritta sia per lo scippo della Mondadori a De Benedetti sia per le mazzette a Mills). Per non parlare delle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza (i suoi manager pagavano i militari con soldi suoi perché non mettessero il becco nei libri contabili delle sue aziende, ma a sua insaputa). E su Dell’Utri e sui mafiosi stragisti, che dipingono B. come un vecchio amico dei boss. 
Bastava leggere uno dei tanti verdetti che in questi vent’anni l’hanno riguardato per farsi un’idea del personaggio: conoscerlo per evitarlo.
Invece, dopo vent’anni di malavita al potere, siamo qui appesi a una sentenza di Cassazione sul reato forse meno grave –  al confronto degli alt i– commesso dal Caimano: la frode fiscale. Più che un delitto, un’abitudine. Una specialità della casa. In fondo andò così anche per Al Capone: era il capo della mafia americana, ma riuscirono a incastrarlo solo per evasione fiscale. Solo che in America l’evasione è galera sicura, dunque non occorse altro per togliere il boss dalla circolazione. Da noi un evasore che tentasse di entrare in galera verrebbe respinto dalle leggi, che sono inflessibili. Per finire in carcere, sottrarre milioni all’erario non basta: bisogna rubare almeno un limone.
Eccoli dunque lì, i politici di destra, centro e sinistra, che con Al Tappone han fatto affari, inciuci, libri, comparsate tv, bicamerali, riforme bipartisan, alleanze più o meno mascherate, e i giornalisti e gl’intellettuali al seguito, tutti tremanti sotto la Cassazione. Paradossalmente, il meno preoccupato è proprio lui: B. lo sa chi è B. e non ne ha mai fatto mistero. E ha costruito un sistema politico-mediatico perfetto: se lo assolvono, sarà la prova che era un innocente perseguitato; se lo condannano, sarà la prova che è un innocente perseguitato. A tremare sono tutti gli altri: gli ipocriti che lo circondano da vent’anni, fingendo di non vedere e tacendo anziché parlare. Infatti del merito del processo Mediaset, delle prove schiaccianti sul ruolo centrale di B. nella costruzione di una macchina perfetta di decine di società offshore per frodare il fisco e portare fondi neri all’estero da usare per corrompere politici, giudici, forze dell’ordine e funzionari pubblici, non parla nessuno.
È il trionfo di Tartuffe: tutti aspettano che i giudici della Cassazione dicano ciò che tutti sanno benissimo, anche se nessuno osa dire nulla. Oppure delirano, come Letta e Boldrini, che escludono conseguenze sul governo in caso di condanna: come se il pericolo fosse che B. molli il Pd, e non che il Pd resti avvinghiato a un evasore pregiudicato. Viene in mente la storiella raccontata da Montanelli per sbertucciare un’altra ipocrisia italiota, quella dell’intellighenzia “de sinistra” che negli anni 70 negava il terrorismo rosso: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto in albergo, la vide dal buco della serratura spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.

Questo mio commento a seguire è stato incredibilmente eliminato dopo essere rimasto in circolazione per pochi minuti:

Trovo che continuare a disquisire sull'orribile Berluschini sia ormai un insulto all'intelligenza e alla sensibilità.
Al punto attuale l'orrido affarista non è per il paese che una maschera della commedia assai poco artistica della sua decomposizione culturale, etica e sociale. Gli insulti razzisti alla Chienge, il servilismo mondano dei media, l'opportunismo da schiavi salariati e ormai abbondantemente disoccupati di masse di consumatori frustrati perché "c'è la crisi", il loro tifo politico totalmente calcistico e bigotto, voilà l'Italia al tartufo. Sono quelli che continuano a votare da un ventennio l'imbonitore che imita Albanese o i sinistri burocrati di sinistra che assecondano palesemente un avversario considerato credibile senza ridere perché lo votano gli italiani. Se è per questo avevano votato anche Mussolini, poi c'è voluta la resistenza mica Letta. Quelli che partecipano allo spettacolo di una società in stato confusionale vanno messi in condizione di non nuocere. Uscire, cioè, dal parlamentarismo, questa truffa secolare della classe dominante diventata lumpenborghesia per ricostituire un'agorà dove una democrazia reale - quindi diretta e generalizzata - diventi possibile.
Senza una tale rivoluzione culturale che emerge in filigrana a livello mondiale e contro la quale il sistema globale è pronto a riciclare i fascismi vari,continueremo a commentare con la qualità di un Travaglio o con le lunghe lingue leccanti della maggior parte dei media l'avanzare della decomposizione.

Ho dunque inviato questa nota per chiudere il non dialogo tra muti e sordi:

Mi autocensuro per protesta di essere stato cancellato per un commento squisitamente corretto. Non sopporto più quest'ambiente da sacrestia.



Sergio Ghirardi