venerdì 6 dicembre 2013

Per superare l'ideologia senza perdere l'utopia



ricopio queste parole di Claudio Magris perché le trovo davvero importanti e utili  (gc)


La caduta del comunismo sembra spesso trascinare con sé, in un discredito generalizzato, non solo il socialismo reale, ma anche le idee di democrazia e di progresso, l'utopia di riscatto sociale e civile; il fallimento della pretesa di porre fine una volta per tutte al male e all'ingiustizia della Storia coinvolge talora ogni concezione di solidarietà e di giustizia. Ma la fine del mito della Rivoluzione e del Grande Progetto dovrebbe invece dare più forza concreta agli ideali di giustizia che quel mito aveva espresso con potenza, ma pervertito con la loro assolutizzazione e strumentalizzazione; dovrebbe dare più pazienza e tenacia nel perseguirli e dunque più probabilità di realizzarli, in quella misura relativa, imperfetta e perfettibile che è la misura umana. La fine di quei miti può accrescere la forza di quegli ideali, proprio perché li libera dall'idolatria mitica e totalizzante che li ha irrigiditi; può far capire che le utopie rivoluzionarie sono un lievito, che da solo non basta a fare il pane, contrariamente a quanto hanno creduto molti ideologi, ma senza il quale non si fa un buon pane. Il mondo non può essere redento una volta per tutte e ogni generazione deve spingere, come Sisifo, il suo masso, per evitare che esso le rotoli addosso schiacciandola. Questa consapevolezza è l'ingresso dell'umanità nella maturità spirituale, in quella maggiore età della Ragione che Kant aveva intravisto nell'Illuminismo.
(da Utopia e disincanto di Claudio Magris)