sabato 31 maggio 2014

Mal scavato vecchia talpa




Il Grillotalpa
Ci sono tre modi per riaversi da una sconfitta. 1) Negarla, autoconsolandosi con formulette e scuse da Prima Repubblica (la sostanziale tenuta, lo zoccolo duro, il consolidamento della base, la presenza sul territorio, la stampa cattiva, gli elettori che non hanno capito, il destino cinico e baro). 2) Piangersi addosso, crogiolandosi, arroccandosi e incattivire in un dorato e sdegnoso isolamento dal mondo esterno, visto immancabilmente come ostile e incomunicabile. 3) Analizzare le cause dell’insuccesso, magari con l’aiuto di qualche esperto vero, e ripartire di slancio per rimuoverle, facendo tesoro degli errori e guardando avanti. Le prime due reazioni non portano lontano: sia i comodi alibi sia le lacrime appannano la vista. Eppure è proprio altalenando fra la prima e la seconda che si muovono i 5 Stelle dopo la batosta europea.
E dire che lunedì sia Grillo (con il video autoironico sul Maalox) sia Casaleggio (con la frase: “Dobbiamo sorridere di più”) sembravano aver capito la lezione. Poi, da martedì, è stato tutto un retrocedere e un avvitarsi in cupe e cacofoniche sedute di autoincoscienza, culminate nell’incredibile incontro fra Grillo e il leader nazionalista, xenofobo e nuclearista britannico Nigel Farage. Ha un bel dire Beppe che “Nigel è simpatico”: pare che sia pure vero, è un battutista impenitente, veste da dandy e la sua foto giovanile in versione punk fa sbellicare. Ma allora? De Gasperi ed Einaudi, i più grandi statisti dell’Italia repubblicana, non sprizzavano certo simpatia. In compenso Berlusconi, il peggiore premier della storia repubblicana e anche monarchica, è a suo modo e in piccole dosi simpatico.
Ma un conto sono i tratti umani, un altro le idee e i programmi politici: non erano stati proprio i 5 Stelle a dire che in Europa si sarebbero seduti accanto alle forze più vicine o meno lontane al loro programma? Quello pentastellato è semplice e scarno, sette punti appena: nemmeno una virgola in comune con quello dell’Ukip, che vuole cacciare dal Regno Unito tutti i cittadini nati altrove (Italia compresa). In compenso moltissimi punti in comune con i Verdi, sia per le politiche ambientali ed energetiche, sia per un’Europa intesa come comunità dei cittadini e non come casta delle lobby finanziarie. Se proprio Grillo voleva levarsi lo sfizio di farsi un bicchierino con Farage, cosa fatta capo ha (anche se quel pranzo ha sconcertato i suoi elettori che, proprio perché non sono “né di destra né di sinistra”, non hanno nulla a che fare con xenofobia e nazionalismo; in compenso ha fatto felici gli avversari che non vedevano l’ora di dipingerlo come il nuovo Hitler).
Ora però segua le regole del suo movimento e ascolti gli eletti ed elettori, che vedono la sola ipotesi Farage come il fumo negli occhi (anche se l’Ukip fosse solo un taxi). Non occorre neppure consultare la Rete per capire che la proposta indecente verrebbe bocciata, con numeri ben più schiaccianti di quelli che smentirono G & C sul reato di clandestinità e sull’incontro con Renzi. Un buon punto di ripartenza è il documento dello staff Comunicazione che, accanto a bizzarrie pittoresche (il trench scuro e i boccoli di Casaleggio che fan perdere voti), contiene analisi serie e impietose della sconfitta. Ed è pure la smentita della leggenda nera che vuole tutti i “grillini” teleguidati dal Capo e dal Guru.
Ieri, sul sito del Fatto, la co-presidente dei Verdi Europei Monica Frassoni ha invitato i 5 Stelle al dialogo e non ha escluso di accoglierli nel gruppo parlamentare. Grillo la conosce bene: nel 2007 fu proprio lei ad aprirgli per la prima volta le porte dell’Europarlamento. Il posto giusto per i 5S è accanto agli ambientalisti, che potrebbero rivelarsi molto utili nelle battaglie contro le mille Ilva (ben appoggiate da destra e sinistra) e contro quel mostro che è il Tav Torino-Lione (sostenuto da destra e sinistra, in cambio di cosa magari un giorno lo scoprirà qualche pm), oltreché contro l’Europa dei banchieri & affaristi (amici di destra e sinistra). L’importante è aprire gli occhi, evitando che Grillo diventi un grillotalpa.

Commento di Sergio Ghirardi:

L'ipotesi di alleanza con Farage fa parte della terribile confusione che rischia di portare i 5Stellini a oscillare pericolosamente da un nobile progetto abbozzato di autogestione generalizzata e di democrazia diretta a un insulso programma pragmatico di restauro e moralizzazione della democrazia parlamentare in decomposizione.
Farage è un reazionario moderno e visto che la modernità è intrisa di alienazione capitalistica resta solo il reazionario con cui cercare un inesistente e impossibile progetto comune.
Più di tutti è il nucleare il simbolo concreto, mostruoso e intollerabile, del modernismo nichilista della società spettacolare - mercantile contro la quale qualunque movimento non addomesticato è strutturalmente in lotta. Guai a burocratizzarsi di Maio in peggio.

venerdì 30 maggio 2014

Per una politica amatoriale appassionata e orizzontale




Movimento 5 Stelle, meno alibi e più autocritica
Leggo alcuni commenti di elettori 5 Stelle secondo cui la colpa della sconfitta (ammesso che 6 milioni siano pochi) sarebbe da attribuirsi ai brogli. Consiglio: non copritevi di ridicolo, era la stessa strada adottata da Berlusconi dopo la sconfitta nel 2006. Quando si perde, si perde. Vedo poi molti dare la colpa all’informazione. Certo: ha molte colpe. Enormi colpe. Se sbaglia il Pd si glissa, se sbaglia M5S si spara (e magari si inventa lo sbaglio). Lo e scrivo da anni, io come il Fatto Quotidiano. Lamentarsi e basta, però, serve a poco. La tivù dice il falso sui 5 Stelle? Andate in tivù a dimostrarlo, come in parte già fate.
Ballarò invita tal Ronzino (poveri noi) senza “autorizzazione” di Casalino, Biondo e Messora? Bene: mandateci Di Maio. Telese è cattivo con voi? Non andarci è forse coerente e certo comprensibile, ma politicamente è un suicidio. Gli italiani si informano anche e soprattutto in tivù, e se voi non ci andate Telese chiama – legittimamente: mica è scemo – uno che i voti ve li toglie. Ecco perché c’è sempre Martinelli, o un martire qualsiasi di professione. Ce l’avete con Formigli? Sticazzi: non andarci serve solo a lasciare strada aperta alle Bonafè e Biancofiore. Non è che, se un giornalista ti attacca, tu reagisci tenendogli il muso e togliendogli il saluto: umanamente ci può anche stare, ma non siamo all’asilo ed elettoralmente è come tagliarsi gli zebedei per fare un dispetto alla moglie. Se Formigli dice il falso su di voi, dovete andare voi stessi a dimostrarlo: ci vada la Taverna, ci vada (anzi torni) Morra. Ci vada chi volete (purché bravo: i Crimi e le Fucksia lasciateli a casa). Non andarci vi pone dalla parte del torto, oltre che del masochismo.
Renzi è stato troppo tempo in tivù? E’ andato pure dalla D’Urso? Bene: vada dalla D’Urso anche Di Battista, e dimostri che pure lui sa rassicurare le casalinghe e le nonne. I duropuristi si arrabbieranno e gli daranno del “venduto”? Pazienza. Se la tivù è “cattiva” coi 5 Stelle, non andare in tivù o andarci poco è lecito, ma controproducente. Penso anche ad Anno Uno: così come Renzi c’è stato, doveva andarci anche un parlamentare 5 Stelle abile in tivù. L’informazione vi fa orrore? Dimostrate sul campo che è ingiusta con voi e confutate ogni bugia colpo su colpo: e dimostratelo in tivù, non dall’Aventino delle pagine Facebook. Con queste menate dei “complotti”, dei “brogli” e dei “non abbiamo poi perso molti voti, rispetto al 2009 abbiamo guadagnato 17 parlamentari”, non state dimostrando grande propensione all’autocritica: possibile che sia sempre colpa degli altri? Vi siete sopravvalutati (“vinciamo noi”) come neanche l’Inter di Orrico: ponetevela, qualche domanda. Anche a proposito del vostro rapporto coi media.
I giornalisti ripetono che “non avete fatto nulla”, che “sapete solo dire di no”, che “dovevate dire sì a Bersani” e vi fanno arrabbiare? Dimostrate in diretta, ogni giorno e su ogni spazio, che dicono il falso. Ditelo in faccia ai Menichini, ai Battista, ai Rondolino: ci vincerebbe anche un bradipo catatonico, su. Metterli nella rubrica “giornalista del giorno” li rende martiri e famosi, mica li indebolisce o confuta. Se è una “guerra”, come ripetete spesso, è una guerra che in Italia si combatte anche in tivù. In ogni contesto, in ogni contenitore. Numericamente parlando, valgono più cinque minuti a Porta a porta – nel bene e nel male: Lezzi in quel salotto funziona, Grillo un po’ meno – che 8mila agorà con i cittadini: triste? Forse, ma così è. Anche se non vi pare. 

Commento di Sergio Ghirardi:

Se ricordo il progetto di democrazia consigliare oggi rinato, dopo un secolo di lotte osteggiate da destre e sinistre parlamentari estreme o moderate, gli idiotes del web mi prendono per un “grillino”. Normale. I servitori volontari non concepiscono altra libertà se non avere un altro padrone.
Se Scanzi chiede al M5S di diventare più capace dal punto di vista parlamentare, azzera il solo progetto radicale che comprende tutti gli altri: chiudere con l'inganno parlamentare non per consegnarsi a fascisti e populisti vari (che esistono soprattutto laddove si passa il tempo ad accusare gli altri di populismo e ci si inginocchia davanti a Renzi, erede di tutti i populismi di destra e sinistra uniti nelle grandi intese) ma per realizzare una vera democrazia.
Che prenda il tempo che ci vuole, la retorica democratica va combattuta in nome di una democrazia diretta (tautologia). Grillo ha le sue confusioni e le sue contraddizioni ma se vale uno ciò conta pochissimo e se non vale uno bisogna aiutarlo a tornare coi piedi per terra, non chiedergli di volare più alto. Non abbiamo bisogno di capi capaci ma di riuscire insieme in una rivoluzione culturale strisciante in atto da mezzo secolo che tutti i larbins di Stato ostacolano. Tutto il potere ai consigli, dal locale al planetario.

martedì 27 maggio 2014

Elezioni trappola per coglioni?




Europee 2014, non è detto che l’elettore abbia sempre ragione
Una delle caratteristiche dell’analisi del dopo voto in Italia da parte dei partiti è sempre stata: “Abbiamo perso, e perciò abbiamo sbagliato”; “abbiamo vinto e perciò abbiamo operato bene”. L’equazione non regge. Essa parte dal presupposto che l’elettorato abbia sempre ragione e bisogna perciò adeguarsi ai suoi voleri. Invece è esatto quasi il contrario.
Il nano ha sempre operato al fine di ottenere il favore dell’elettorato: un milione di posti di lavoro, l’abolizione dell’Imu, magari la sconfitta del cancro. Tutto in funzione di racimolare voti, senza uno straccio di programma realmente credibile.
Lo scout non si è discostato molto. Con una loquela abbastanza simile al nano ha promesso gli ottanta euro in busta paga, ha dato la speranza che “ce la faremo” al di là di ogni ragionevole dubbio.
Premetto questo perché troverei davvero fuori luogo che oggi il M5S, di cui apprezzo molto il programma, dovesse focalizzarsi su cosa esso possa avere sbagliato. Diciamo che il suo leader avrebbe potuto essere meno veemente, diciamo che non tutte le espulsioni possono avere convinto, ma sarebbe oltremodo sbagliato giungere alla conclusione che il programma o la strategia sono sbagliati perché si sono persi due milioni di voti. Anzi, si sono persi in buona parte per la coerenza dimostrata. La cartina al tornasole che accerta quanto ciò sia vero è stata la campagna mediatica contro il M5S, la paura che ne avevano i poteri forti, ed infatti alla notizia che Renzi ha stravinto la Borsa di Milano ha strabrindato.
Purtroppo, diciamolo, la gente non vuole cambiare, vuole protrarre questo status quo finché le sarà possibile, ed i partiti vogliono auto perpetuarsi. Il M5S vorrebbe cambiare non tutto ma buona parte. E non vende illusorie speranze.
Spesso con i miei amici ambientalisti mi sono chiesto come si possa avere una società davvero migliore, ovviamente imponendo rinunce, cambiamenti drastici ai nostri stili di vita, eccetera. E siamo giunti alla drammatica ma realistica conclusione che un programma per, diciamo così, “salvare l’umanità” non verrebbe votato da nessuno.


Commento di Sergio Ghirardi:

Si può votare o non votare, ma il voto rende evidente come una radiografia lo stato delle cose e l’addomesticamento delle masse votanti o astensioniste.
L'errore sta nel continuare a credere che il parlamentarismo sia una democrazia reale. 
Il problema non sta nel perdere le elezioni ma nel continuare a delegare il potere sulle nostre vite. 
La rivoluzione culturale in atto da mezzo secolo è ancora agli inizi. 
Il M5S ne ha incarnato qualche desiderio e praticato qualche sperimentazione (ce n'est qu'un -ennesimo- début!). Deve ancora liberarsi, come tutti noi, della sindrome di Stoccolma del potere: non si tratta di prenderlo ma di abolirlo. Questa è la democrazia consiliare ma siamo ancora lontani anni luce da queste "lumières". 
I francesi hanno messo secoli di jacqueries prima di includere finalmente il Re nella lista dei nobili da combattere e fare la rivoluzione borghese contro l’Ancien Régime
Oggi la democrazia nascente sulle rovine della sua rappresentazione spettacolare deve capire la sua incompatibilità con lo Stato per poter nascere. 
A tutti noi, ambientalisti e anti-produttivisti festivi, formulare il progetto di una società della felicità autogestita anziché partorire nuove morali crescenti o decrescenti. 
La decrescita economica è tanto ineluttabile che auspicabile ma per essere umana e sostenibile deve essere piacevole. E può esserlo se la si sottrae alla voluttà del sacrificio che inquina molti potenziali rivoluzionari.
(A suivre)

commento di gilda:
ben detto Sergio! 

l'euro che è solo una moneta

 
 
 
Il problema non è l'euro che è solo una moneta, ma la presenza dei debiti pubblici statali "non sovrani" con tassi differenziati senza una banca statale libera di emettere moneta a debito ... Cosa che anche ci ha salvato dai tassi a due cifre va detto! ... se ci fossero gli eurobond e un unico fisco europeo si comincerebbe a ragionare; sarebbe possibile sostenere l'emissione di altra moneta a debito con la garanzia di un mercato vasto e forte senza fare una dolorosa e masochistica competizione tra Stati a solo beneficio della Germania e dei suoi scambi commerciali nella UE. L'eccesso di denaro e la sovrapproduzione costringono tutti al delirio della crescita ad ogni costo: correre per non rimanere indietro, a discapito delle economie sostenibili fondate sulla attività riproduttiva e semmai votate a ricerca scientifica e tecnologica senza crescita industriale con una particolare attenzione alla riduzione dei consumi energetici e di suolo, riciclo, qualità del cibo, cultura e salute naturale.
Una redistribuzione di moneta a tutti i cittadini europei come salario minimo universale a fronte di eurobond potrebbe essere sostenibile e avrebbe un unico problema connesso al diritto di cittadinanza... Ovviamente sarebbe difficile arginare le richieste di accesso a un simile welfare. Altre volte ho scritto che secondo me potremmo stabilire innanzi tutto nuove regole a livello globale sulla scelta di una cittadinanza univoca ( eliminare doppio passaporto per tutti ) e vincolare il welfare a una comprovata appartenenza alla comunità di riferimento fondata sul "lavoro comune" più che sulla partecipazione economica in denaro... ma sono tutte cose che andrebbero discusse ed elaborate ben più ampiamente!
Dobbiamo fare i conti con una decrescita de facto del bisogno di lavoro salariato e renderla piacevole anziché drammatica. 

lunedì 26 maggio 2014

Elezioni Europee 2014, la sindrome del 1922







Siamo nel 1921. Il PSI – raccontano gli storici – è “il partito «dalle mani pulite» rispetto al massacro della guerra, il partito che incanala e dirige la rabbia sociale dei ceti popolari”. Il paese è traumatizzato e in profonda crisi. Il PSI, con “il mito della luce che viene dall’Est”, la rivoluzione Leninista alle porte, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la sua “leadership massimalista, poco preparata e inconcludente… spaventa i ceti borghesi e si chiude nel totale rifiuto di ogni compromesso”. Il Parlamento uscito dalle elezioni del 1919 è virtualmente “ingovernabile” a causa anche “dell’atteggiamento «sfascista»” del PSI che rifiuta ogni alleanza. Ciò crea le condizioni per l’imprevedibile, straordinaria avanzata elettorale del Partito Fascista nel 1922-24.
Il Programma economico del Partito Fascista prevede, tra l’altro: “la defiscalizzazione dei redditi azionari (per promuovere investimenti)”, compensata dal “l’aumento delle imposte indirette” e sui redditi alti e da “una forte riduzione della spesa pubblica”, riforme del mercato del lavoro e più in generale “facilitazioni alla libertà d’iniziativa degli imprenditori”, inclusa la possibilità di effettuare “licenziamenti mirati, per colpire le maestranze sindacalizzate”.
Appena diventato Primo Ministro, ma sulla base di un governo di coalizione, Mussolini chiede al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale maggioritaria: la “Legge Acerbo”. Secondo uno storico, “L’approvazione di quella legge fu un classico caso di “suicidio di un’assemblea rappresentativa”, accanto a quelli “del Reichstag che vota i pieni poteri a Hitler nel marzo del 1933 o a quello dell’Assemblea Nazionale francese che consegna il paese a Petain nel luglio del 1940″. La riforma fornì all’esecutivo “lo strumento principe – la maggioranza parlamentare – che gli avrebbe consentito di introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta”. (Citazioni da un testo del prof. A. Bavarelli).
Torniamo ai giorni nostri. Per fortuna la Storia non si ripete! Renzi non ha niente del Mussolini, ridicolo anche solo pensarlo. Casaleggio non ha i progetti rivoluzionari (né Grillo lo stile minaccioso) dei ‘compagni’ del 1922. Il M5S non ha una leadership poco preparata e inconcludente… non spaventa i ceti borghesi, né si chiude nel totale rifiuto di ogni accordo di governo; la base è tollerante e aperta. Chi sostiene l’uscita unilaterale dall’Euro non propugna uno sviluppo economico politico e internazionale traumatico. Un referendum sull’uscita dall’Euro non destabilizza i titoli pubblici. Eppoi, è gente dotata di grande sensibilità politica! La loro proposta è stata preceduta da una grande trattativa europea sull’economia, sulla base di un Piano preparato da un gruppo di macroeconomisti, fra cui alcuni Premi Nobel: com’è noto, l’esito negativo del negoziato ha chiarito a tutti le responsabilità dello stallo, e l’assenza di alternative.
Renzi ha non ha vinto per la pochezza dei suoi avversari. Berlusconi non si è suicidato con 20 anni di malgoverno. Vendoliani e Rifondaroli non hanno imprigionato la sinistra italiana dentro apparati poco elettivi, interattivi, e autorevoli, in progetti ideologici e vetusti. Il riformismo democratico, poi, si è battuto – vigorosamente! – contro il populismo di Renzusconi: con la sua ispirazione costituzionale, liberale, keynesiana, le dettagliate proposte per rigenerare la democrazia partecipativa, rilanciare l’occupazione, lo sviluppo armonico e sostenibile. In Francia, per esempio: dove il PS di Hollande  ha, meritatamente, stra-vinto. No, il compito di Renzi non era affatto facile! Non aveva davanti una prateria. Ha vinto, perché la sua visione economica, l’analisi del dissesto della PA, la concezione dei rapporti fra cittadini e sistema politico, dei rapporti intergenerazionali, sono così moderni da delineare per il nostro paese un radioso futuro.
“Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati d’orgoglio entro la bocca immensa e tôrta del vento!” Corro a investire in borsa.

Commento di Sergio Ghirardi

La confusione italiana è già abbastanza enorme da far apprezzare moderatamente questa lettura vichiana ironizzante e senza sbocco di una situazione tragica per un paese dove le democrazie cristiane e i fascismi, gli Scelba, i Lauro, i Giannini, gli Andreotti e i Mussolini a volte ritornano sotto mentite spoglie, maschere di una farsa che si vuole seria e che non impedirà il compiersi della tragedia allargata di nuovo al continente Europeo. Ovunque emergono come funghi velenosi i totem della psicologia di massa del fascismo che colpisce un buon venti per cento delle diverse popolazioni. Basta e avanza per mantenere paraplegica ogni istanza di democrazia reale per cui solo il meglio di una democrazia diretta che rimonti dal basso e dal locale come uno tsunami di civiltà potrà forse opporsi al progetto capitalistico planetario di distruggere definitivamente la comunità umana e la stessa base biologica del vivente.
Tutto il resto è spettacolo.