sabato 9 maggio 2015

Istituzioni immortali (e il carattere distruttivo)



Le istituzioni che durano oltre una normale vicenda umana hanno proprio per questo un aspetto maligno che viene sistematicamente sottaciuto.
Cosa può fare un individuo in una vita? Ben poco a fronte di strutture che lo sovrastano per la propria capacità di durare ben oltre le sue più rosee aspettative.
Il potere separato - tolto alle persone e affidato alle istituzioni - colpisce proprio coloro dai quali viene legittimato: siamo quindi artefici della nostra stessa impotenza proprio accettando questa realtà che dura oltre noi stessi.
La stessa cosa vale per tutto ciò che dura troppo a lungo, come le grandi corporation, i giganteschi patrimoni e la cultura stessa se fossilizzata e chiusa a ciò che nasce di nuovo.
Un bambino appena nato eredita la sua quota di debito pubblico e al tempo stesso la sua parte di obblighi e gerarchie costituite
L'unico modo per cambiare tutto questo è fare ogni tanto un "giubileo", o una rivoluzione, insomma un azzeramento salutare di ciò che esiste a favore di ciò che vuole nascere.
Walter Benjamin in un testo memorabile descrive bene l'importanza del "carattere distruttivo" e la sua necessità, a complemento dell'altra naturale tendenza, quella della conservazione di ciò che vale la pena di essere salvato.
Questa continua dialettica tra morte e vita, che tutti conosciamo sulla pelle e che ci accomuna in quanto "mortali" - come già definito dai Greci - pretende che anche le istituzioni siano della stessa pasta, che siano vive e al servizio dei viventi, che possano morire lasciando lo spazio al nuovo che nasce.
Il peso del passato morto sul presente e sul futuro, è l'essenza stessa del capitalismo e della sua qualità distruttrice di lavoro vivo adesso, a favore dell'accumulazione di lavoro morto.
E la sua capacità di sedimentarsi in eterno imprigiona il Pianeta che è vivo e tutti i suoi abitanti (gc 29/08/2012)