mercoledì 16 settembre 2015

«Non instaurare amicizie inutili», gli 82 comandamenti di Alejandro Jodorowsky

Foto apertura © Pascale Montandon-Jodorowsky

«Non difendere le tue vecchie idee semplicemente perché sei colui che le ha espresse»
Reyna d’Assia. Se cercate informazioni su di lei nella grande enciclopedia che è il web, non troverete molte notizie, ma solo qualche dato confuso e parecchi dubbi. Si dice sia figlia del celebre filosofo e mistico armeno Georges Gurdjieff, ma Dushka Howarth, l’ultima nata, ancora in vita affermò di non averne mai sentito parlare (e Wikipedia non le dà torto).
Ciò in cui certamente vi imbatterete, cercando informazioni su Reyna d’Assia, sono 82 comandamenti che afferma esserle stati impartiti dal padre. Nessuno ha mai però trovato il modo di confermare l’attendibilità della leggenda narrata. Gli 82 comandamenti, infatti, appaiono nel libro The Spiritual Journey of Alejandro Jodorowsky.
Secondo chi ha studiato approfonditamente il testo, cogliendo indizi e contraddizioni, la storia narrata da Jodorowsky potrebbe realmente essere frutto della sua fantasia. Nel testo, il regista cileno descrive il primo incontro con Reyna d’Assia, avvenuto intorno al 1970 a Città del Messico dopo una proiezione di El Topo. La passione li ha infuocati e così è iniziata una relazione tra i due. Durante il suo parlare incessante, Reyna d’Assia avrebbe rivelato a Jodorowsky gli insegnamenti di Gurdjieff:
Jodorowsky: Reyna, mi stai raccontando favole! Questi obiettivi sono illusori al 100%, e anche se fossero veri, quale sarebbe il primo passo su questo percorso?
Reyna d’Assia: Chiunque desideri raggiungere lo scopo supremo deve prima di tutto cambiare le proprie abitudini, sconfiggere la pigrizia e divenire un essere umano moralmente sano. Per essere forti nelle cose grandi, dobbiamo essere forti anche in quelle piccole.
Jodorowsky: Come?
Reyna d’Assia: Siamo stati educati male. Viviamo in un mondo di competizione nel quale onestà è sinonimo di ingenuità. Dobbiamo prima sviluppare abitudini buone. Alcune di quelle potrebbero sembrare semplici, ma sono molto difficili da realizzare. Credendo che siano ovvie, non riusciamo a vederle come la chiave della coscienza immortale. Ora dovrei offrirti un dettato dei comandamenti che il mio beato padre mi ha insegnato…
Non sappiamo se gli 82 comandamenti siano realmente stati impartiti da Gurdjieff a Reyna o siano invece frutto della mente profonda e complessa dello stesso Jodorowsky, ma non ci resta che trarne ispirazione per migliorare noi stessi:
1. Focalizza la tua attenzione su te stesso. Sii cosciente in ogni momento di ciò che stai pensando, percependo, provando, desiderando e facendo.
2. Finisci sempre ciò che hai iniziato.
3. Qualunque cosa tu stia facendo, falla nel miglior modo possibile.
4. Non attaccarti a niente che possa distruggerti nel corso del tempo.
5. Sviluppa la tua generosità – ma fallo segretamente.
6. Tratta chiunque come se fosse un parente stretto.
7. Organizza quello che hai disorganizzato.
8. Impara a ricevere e ringrazia per ogni regalo ricevuto.
9. Smetti di definire te stesso.
10. Non mentire e non rubare, perché facendolo menti a te stesso e rubi a te stesso.
11. Aiuta il tuo vicino, ma non renderlo dipendente.
12. Non incoraggiare altri ad imitarti.
13. Fai piani di lavoro e portali a termine.
14. Non occupare troppo spazio.
15. Non fare movimenti o suoni inutili.
16. Se ti manca la fede, fingi di averla.
17. Non permettere a te stesso di essere impressionato da personalità forti.
18. Non considerare nessuno e niente come di tuo possesso.
19. Condividi equamente.
20. Non sedurre.
21. Dormi e mangia solo il necessario.
22. Non parlare dei tuoi problemi personali.
23. Non esprimere giudizi o critiche quando sei ignorante della maggior parte dei fattori coinvolti.
24. Non instaurare amicizie inutili.
25. Non seguire le mode.
26. Non vendere te stesso.
27. Rispetta i contratti che hai firmato.
28. Sii puntuale.
29. Non invidiare mai la fortuna o il successo di qualcuno.
30. Non dire più del necessario.
31. Non pensare ai profitti che il tuo lavoro genererà.
32. Non minacciare nessuno.
33. Mantieni le tue promesse.
34. Nelle discussioni, mettiti al posto dell’altra persona.
35. Ammetti che qualcun altro potrebbe essere superiore a te.
36. Non eliminare, trasforma.
37. Sconfiggi le tue paure, perché ognuna di loro rappresenta un desiderio camuffato.
38. Aiuta gli altri ad aiutare se stessi.
39. Sconfiggi le tue avversioni e avvicinati a coloro che ti inspirano rifiuto.
40. Non reagire a ciò che gli altri dicono di te, che siano lodi o colpe.
41. Trasforma il tuo orgoglio in dignità.
42. Trasforma la tua rabbia in creatività.
43. Trasforma la tua avidità in rispetto per la bellezza.
44. Trasforma la tua invidia in ammirazione per i valori dell’altro.
45. Trasforma il tuo odio in carità.
46. Non elogiare né insultare mai te stesso.
47. Considera ciò che non ti appartiene come se ti appartenesse.
48. Non protestare.
49. Sviluppa la tua immaginazione.
50. Non dare mai ordini per ottenere soddisfazione dall’essere ubbidito.
51. Paga per i servizi eseguiti per te.
52. Non fare proseliti del tuo lavoro o delle tue idee.
53. Non tentare di far provare agli altri nei tuoi confronti emozioni come pietà, ammirazione, compassione o complicità.
54. Non tentare di distinguerti con la tua apparenza.
55. Non contraddire; piuttosto, resta in silenzio.
56. Non contrarre debiti; acquista e paga immediatamente.
57. Se offendi qualcuno, chiedi il suo perdono; se hai offeso qualcuno pubblicamente, scusati pubblicamente.
58. Quando realizzi di aver detto qualcosa di sbagliato, non persistere nell’errore per orgoglio; piuttosto, ritratta immediatamente.
59. Non difendere le tue vecchie idee semplicemente perché sei colui che le ha espresse.
60. Non tenere oggetti inutili.
61. Non adornare te stesso con idee esotiche.
62. Non tenere le tue fotografie con persone famose.
63. Non giustificarti con nessuno e tieni per te le tue opinioni.
64. Non definire te stesso in base a ciò che possiedi.
65. Non parlare a te stesso senza considerare che potresti cambiare.
66. Accetta che niente ti appartiene.
67. Quando qualcuno chiede la tua opinione circa qualcosa o qualcuno, parla solo delle sue qualità.
68. Quando ti ammali, considera la tua malattia come il tuo maestro, non come qualcosa da odiare.
69. Osserva direttamente e non nasconderti.
70. Non dimenticare i morti cari, ma concedi loro uno spazio limitato e non permettergli di invadere la tua vita.
71. Ovunque tu viva, trova sempre uno spazio da dedicare al sacro.
72. Quando offri un servizio, rendi il tuo sforzo poco appariscente.
73. Se decidi di lavorare per aiutare gli altri, fallo con piacere.
74. Se stai esitando tra il fare e il non fare, corri il rischio del fare.
75. Non tentare di essere tutto per il tuo sposo/la tua sposa; accetta che ci siano cose che non puoi dargli/darle ma che altre persone possono.
76. Quando qualcuno sta parlando ad un pubblico interessato, non contraddire quella persona e non rubare il suo pubblico.
77. Vivi dei soldi che hai guadagnato.
78. Non vantarti mai delle avventure amorose.
79. Non glorificare mai la tua debolezza.
80. Non fare visita a qualcuno solo per passare il tempo.
81. Ottieni cose per poi condividerle.
82. Se stai meditando e il diavolo appare, fai meditare anche il diavolo.


di Elena Brenna

sabato 5 settembre 2015

Overdose di immagini





Una cosa risulta davvero inconfutabile, questo è il regno dell’immagine.
Il fatto che in questa epoca siamo sempre più soggiogati e posseduti dalle immagini, dimostra quanto siamo inclini all’adorazione del passato e della morte e quanto poco siamo liberi di vivere nel presente e di costruirci un futuro senza avere la consapevolezza che, per andare avanti, citando Walter Benjamin, ci vuole una quota di “carattere distruttivo”.
Il capitalismo, che è l’accumulo del valore del lavoro morto a spese del lavoro vivo e a discapito della vita stessa dell’umanità -  e non per caso ha trasferito nella società spettacolare la propria "sede legale"-  ne viene continuamente giustificato e alimentato,  essendo ogni istanza rivoluzionaria, infatti, “recuperata” in questo continuo trasporre in immagini le pur commoventi ed emozionanti volontà di rivolta.
Queste ultime nascono magari in tutta autenticità ma presto diventano una sorta di auto contemplazione e con ciò si sottomettono al “gioco” complessivo di autofagia della realtà spettacolare capitalista e lasciano qua e là brandelli indecorosi di “selfie”  a testimoniare la propria sconfitta.
Questo continuo "rovesciamento di prospettiva", non nel senso ipotizzato da Karl Marx, ma nel senso descritto da Guy Debord - in modo molto meno ottimistico - dobbiamo fronteggiarlo, ciascuno dentro noi stessi (come ammoniva Giorgio Cesarano), a causa dell’antropomorfosi del capitale, un capitale che ci attraversa intimamente, e ci somiglia nella misura in cui noi stessi abbiamo messo  nelle immagini – nei sogni come nei monumenti o nel racconto della storia umana, o in ogni altra opera artistica e letteraria – tutta la cultura che ci accompagna e di cui potremmo davvero difficilmente fare a meno, tanto ci appartiene e fa parte e della nostra stessa struttura umana complessiva. Si tratta di un discorso molto complesso che mi interroga e non ho risposte definitive ma credo che possiamo continuare a osservare e imparare da altre culture che pure esistono ancora, in qualche sperduta foresta, più vincolate al presente e con ciò, più libere quanto più “povere” di cultura accumulata, più spensierate e innocenti quanto meno sovrabbondanti di merci e tecnologia “sostitutiva” dell’uomo.
In pratica, mi pare, ho paura che le immagini competano per ottenere TUTTA la nostra vita e la vita della natura TUTTA, fornendoci in cambio un film della nostra esistenza e della realtà complessiva, da contemplare nella più totale impotenza.
Ma possiamo anche renderci conto che siamo noi stessi a costruire questa impotenza preferendo il sogno alla vita vera, a causa del fatto che il presente non ci piace ma non sappiamo come affrontarlo, così rinunciando a costruire una vita degna, che non sia solo una pallida sembianza.

mercoledì 2 settembre 2015

Il fascismo come espressione della struttura caratteriale umana media (Wilhelm Reich)



Da quando la primitiva organizzazione democratico-lavorativa è definitivamente tramontata, il nucleo biologico non ha piú trovato un’espressione sul piano sociale. Ciò che è a naturale" ed "elevato" nell’uomo, ciò che lo lega al suo cosmo, ha trovato soltanto nell’arte, soprattutto nella musica e nella pittura, un’autentica espressione. Ma finora non ha esercitato alcuna sostanziale influenza sulla formazione della società umana, se per società si intende non la cultura di un ristretto gruppo di persone ricche appartenenti alla classe dominante, ma la comunità di tutti gli uomini.
Negli ideali etici e sociali del liberalismo si possono riconoscere i tratti dello strato caratteriale superficiale, caratterizzato dall’autocontrollo e dalla tolleranza. Questo liberalismo accentua la propria etica al fine di soffocare "il mostro nell’uomo", il secondo strato delle "pulsioni secondarie", "l'inconscio" di Freud. La naturale socialità del terzo e piú profondo strato, dello strato in cui ha sede il nucleo biologico dell'uomo, è sconosciuta al liberale. Egli deplora e combatte il pervertimento caratteriale umano con norme etiche, ma le catastrofi del XX secolo hanno insegnato che non ha combinato gran che.
Tutto ciò che è veramente rivoluzionario, qualsiasi arte e scienza autentiche, nasce dal nucleo biologico naturale dell’uomo. Né il vero rivoluzionario né l’artista o lo scienziato finora sono riusciti a conquistare le masse e a guidarle, e semmai vi sono riusciti, non sono stati capaci di tenerle in modo duraturo nel campo degli interessi vitali.
Le cose stanno diversamente, rispetto al liberalismo e alla vera rivoluzione, per quanto riguarda il fascismo. Sostanzialmente il fascismo non rappresenta né lo strato superficiale né quello piú profondo, ma il secondo strato caratteriale intermedio delle pulsioni secondarie.
Nel periodo in cui ero occupato con la prima stesura di questo libro, il fascismo veniva generalmente considerato un "partito politico" che come altri "raggruppamenti sociali" esprimeva in modo organizzato un’"idea politica". Di conseguenza "il partito fascista introduceva il fascismo o con la forza o con "manovre politiche"".
Contrariamente a tutto ciò, le mie esperienze mediche fatte con molte persone appartenenti ai piú disparati strati sociali, razze, nazioni, religioni ecc. mi avevano insegnato che il "fascismo" non è altro che l’espressione politicamente organizzata della struttura, caratteriale umana media, di una struttura che non è vincolata né a determinate razze o nazioni né a determinati partiti, ma che è generale ed internazionale. Secondo il significato caratteriale "il fascismo" è l’atteggiamento emozionale fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine e dalla sua concezione meccanicistico-mistica della vita.
Il carattere meccanicistico-mistico degli uomini del nostro tempo crea i partiti fascisti e non viceversa.
Ancor oggi, in seguito a un errato pensiero politico, il fascismo viene considerato una specifica caratteristica nazionale dei tedeschi o dei giapponesi. Da questa prima concezione sbagliata conseguono tutte le altre interpretazioni erronee.
Il fascismo è stato e continuerà ad essere considerato, a danno degli autentici sforzi per raggiungere la libertà, la dittatura di una piccola cricca reazionaria. L’ostinazione con cui si continua a sostenere questo errore è da attribuire alla paura di rendersi conto di come stanno veramente le cose: il fascismo è un fenomeno internazionale che corrode tutti i gruppi della società umana di tutte le nazioni. Questa conclusione trova la sua conferma negli avvenimenti internazionali degli ultimi quindici anni.
Le mie esperienze analitico-caratteriali mi convinsero invece che oggi non esiste assolutamente nessuno che non porti in sé gli elementi del modo di pensare e sentire fascista. Il fascismo come movimento politico si differenzia da altri partiti reazionari per il fatto che viene sostenuto e diffuso dalle masse umane.
Mi rendo perfettamente conto dell’enorme responsabilità che deriva da simili affermazioni. Augurerei, nell’interesse del nostro mondo tormentato, che le masse lavoratrici si rendessero conto con altrettanta chiarezza della loro responsabilità per quanto riguarda il fascismo.
Bisogna distinguere rigorosamente fra normale militarismo e fascismo. La Germania guglielmina era militarista, ma non fascista.
Poiché il fascismo si manifesta sempre e ovunque come un movimento sorretto dalle masse umane, tradisce tutti i tratti e tutte le contraddizioni della struttura caratteriale delle masse umane: non è, come si crede generalmente, un movimento puramente reazionario, ma costituisce un amalgama tra emozioni ribelli e idee sociali reazionarie.
Se per rivoluzione si intende la ribellione razionale contro condizioni insopportabili nella società umana, la volontà razionale di "andare a fondo a tutte le cose" ("radicale" – "radix" – "radice") e di migliorarle, allora il fascismo non è mai rivoluzionario. Non vi è dubbio che esso può fare la sua comparsa ammantato di sentimenti rivoluzionari. Ma non si chiamerà rivoluzionario quel medico che combatte con sfrenate imprecazioni una malattia, ma al contrario quello che con calma, coraggiosamente e coscienziosamente, cerca e combatte le cause della malattia. La ribellione fascista nasce sempre laddove una emozione rivoluzionaria viene trasformata in illusione per paura della verità.
Il fascismo, nella sua forma piú pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso, a cui manca il coraggio di riconoscere il ruolo predominante della irrazionalità nella storia dell’umanità, considera la teoria fascista della razza soltanto un interesse imperialistico, per dirla con parole piú blande, un "pregiudizio". Lo stesso dicasi per il politico irresponsabile e retorico. L’intensità e la vasta diffusione di questi "pregiudizi razziali" sono la prova che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone, ebreo ed arabo. L’ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell’uomo orgasticamente impotente.
Il carattere sadico-pervertito dell’ideologia razziale tradisce la sua natura anche nel suo atteggiamento di fronte alla religione. Si dice che il fascismo sarebbe un ritorno al paganesimo e il nemico mortale della religione. Ben lungi da ciò, il fascismo è l’estrema espressione del misticismo religioso. Come tale si manifesta sotto una particolare forma sociale. Il fascismo appoggia quella religiosità che nasce dal pervertimento sessuale, e trasforma il carattere masochista della religione della sofferenza dell’antico patriarcato in una religione sadica. Di conseguenza traspone la religione dall’aldilà della filosofia della sofferenza nell’aldiqua dell’omicidio sadico.
La mentalità fascista è la mentalità dell’"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un’autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell’ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra civiltà profondamente malata e altamente industrializzata. Non si può far vedere impunemente all’uomo comune il grande tam tam dell’alta politica: il piccolo sergente ha superato il generale imperialista in tutto: nella musica di marcia, nel passo dell’oca, nel comandare e nell’obbedire, nella mortale paura di dover pensare, nella diplomazia, nella strategia e nella tattica, nelle divise e nelle parate, nelle decorazioni e nelle medaglie. Un uomo come l’imperatore Guglielmo si rivelò in tutte queste cose un miserabile dilettante rispetto a Hitler figlio di un funzionario e morto di fame. Quando un generale "proletario" si copre il petto da ambo le parti con medaglie, e perché no, dalla gola fino all’ombelico, dimostra cosí al piccolo uomo comune che non intende essere da meno del "vero" e grande generale.
Solo dopo aver studiato a fondo e per anni il carattere del piccolo uomo comune represso, e le cose come si svolgono realmente dietro le quinte, è possibile comprendere su quali forze poggia il fascismo.
Nella ribellione delle masse di animali umani maltrattati contro le insignificanti cortesie del falso liberalismo (non intendo il vero liberalismo e la vera tolleranza) apparve lo strato caratteriale delle pulsioni secondarie.
Non è possibile rendere inoffensivo l’energumeno fascista se lo si cerca, a seconda della congiuntura politica, soltanto nel tedesco o nell’italiano e non anche nell’americano o nel cinese; se non lo si rintraccia nel proprio essere; se non si conoscono le istituzioni sociali che lo covano ogni giorno.
Si può battere il fascismo soltanto se lo si affronta obiettivamente e praticamente con una approfondita conoscenza dei processi vitali. Nessuno è capace di imitarlo in fatto di manovre politiche, abilità nel destreggiarsi nei rapporti diplomatici, e organizzazione delle parate. Ma non sa rispondere a questioni vitali pratiche, perché vede tutto nell’immagine riflessa dell’ideologia e sotto forma della divisa dello stato.
Quando un carattere fascista di qualsiasi colorazione si mette a predicare "l'onore della nazione" (anziché l’onore dell’uomo) o a la salvezza della sacra famiglia e della razza" (anziché la comunità dell’umanità che lavora); quando monta in superbia e quando dalla sua bocca non escono che slogans, allora gli si chieda pubblicamente, e con la massima calma e semplicità:
"Che cosa fai praticamente per dar da mangiare alla nazione senza assassinare altre nazioni? Che cosa fai come medico contro le malattie croniche, che cosa fai come educatore per favorire la gioia di vivere dei bambini, che cosa fai come economista contro la miseria, che cosa fai come assistente sociale contro il logoramento delle madri con tanti figli, che cosa fai come costruttore per sviluppare l’igiene delle abitazioni? Ora, cerca di non parlare a vanvera e cerca di dare una risposta concreta e pratica, altrimenti tieni chiuso il becco!"
Da ciò consegue che il fascismo internazionale non potrà mai essere battuto con manovre politiche. Soccomberà alla naturale organizzazione del lavoro, dell’amore e del sapere su scala internazionale.
Il lavoro, l'amore e il sapere della nostra società non hanno ancora il potere di determinare l’esistenza umana. Piú ancora, queste grandi forze del principio vitale positivo non sono consapevoli della loro immensità, della loro insostituibilità e della loro determinante importanza per l’esistenza sociale. Per questo motivo la società umana si trova oggi, un anno dopo la vittoria militare sui partiti fascisti, ancora piú vicina all’orlo dell’abisso. Il crollo della nostra civiltà sarà inarrestabile se i responsabili del lavoro, gli scienziati di tutte le ramificazioni vitali (e non mortali) e i donatori e i beneficiari dell’amore naturale tarderanno a rendersi conto della loro gigantesca responsabilità.
Ciò che è vivo può esistere senza il fascismo, ma il fascismo non può vivere senza ciò che è vivo. Il fascismo è il vampiro avvinghiato al corpo dei viventi che sfoga i suoi impulsi omicidi quando l’amore si ridesta in primavera invocando la naturale realizzazione.
"La libertà umana e sociale, l'autogoverno della nostra vita e della vita dei nostri discendenti si realizzerà in modo pacifico o violento?". Nessuno è in grado di dare una risposta a questa angosciosa domanda.
Ma chi conosce le funzioni vitali nell’animale, nel neonato, nel lavoratore dedito alla propria attività, sia che si tratti di un meccanico, di un ricercatore o di un artista, cessa di pensare servendosi di concetti che sono stati creati dalle malefatte dei partiti. Ciò che è vivo non può "prendere il potere con la violenza" perché non saprebbe che farsene del potere. Forse questa conclusione significa che la vita sarà per sempre vittima e martire del gangsterismo politico e che il politicante continuerà a succhiare per sempre il suo sangue? Questa conclusione sarebbe errata.
In quanto medico il mio compito è quello di guarire le malattie. In quanto ricercatore devo svelare processi naturali sconosciuti. Se mi si presentasse un cialtrone politico per costringermi ad abbandonare i miei malati e il mio microscopio, non mi farei disturbare, ma lo butterei fuori dalla porta, qualora non se ne andasse di sua spontanea volontà. Il fatto di dover ricorrere alla violenza per difendere il mio lavoro e i miei studi sulla vita umana dagli intrusi non dipende da me o dal mio lavoro, ma dal grado di impudenza dell’intruso. Proviamo a immaginare ora che tutti quelli che svolgono una attività che investe la vita umana riconoscano in tempo utile il cialtrone politico. Non agirebbero diversamente. Forse questo esempio semplificato può dare una risposta parziale alla domanda sul modo con cui prima o poi dovrà essere difesa la vita contro gli intrusi e i distruttori.
[La psicologia di massa del fascismo, Prefazione alla III edizione del 1932]