mercoledì 4 gennaio 2017

a proposito della scarsa utilità dei mass-media

 

Orson Welles - Quarto Potere 1941
 
 Che cos’è la libertà di pensare senza la libertà di vivere? 
Un «parla, parla pure» al servizio di tutto e di nulla.
Raoul Vaneigem, 12 janvier 2015
 
La questione che emerge di questi tempi a proposito della scarsa affidabilità dei media, secondo me sta tutta nella differente maniera di guadagnare dall'informazione, nella sostanziale modificazione del prodotto a seguito dell'avvento della tv e poi anche di internet.
Una volta i giornali si producevano e vendevano localmente e i ricavi dovevano coprire i costi per pagare i giornalisti, le enormi macchine da stampa, i tipografi etc etc. fino all'ultimo strillone.
Giornale e pane quotidiani. Erano due cose che ci facevano uscire per strada, nutrimenti essenziali della mente e della pancia.
Poi ciascuno leggeva le pagine che preferiva, alcuni anche solo i necrologi o gli annunci economici... il quotidiano era il mondo che entrava in casa tua, nelle tue tasche, e sceglievi come, se e quando leggerlo; le vendite per il solo Corriere della Sera erano attorno alle cinquecentomila copie giornaliere negli anni '50.
Moltissimi in edicola ogni mattina, per svariati motivi, acquistavano più testate e anche vari settimanali, senza dimenticare le edizioni pomeridiane dei quotidiani!
Insomma se si aggiunge che da un certo momento in poi anche le inserzioni pubblicitarie creavano gigantesche entrate era un business importante in sé, qualcosa di materiale, le notizie stampate erano il prodotto ben riconoscibile che si poteva acquistare.
 
Con l'avvento della televisione qualcosa di fondamentale è mutato: infatti "l'impaginazione" del tele-giornale è dettata da due necessità particolari del settore: la prima cosa da dire è che lo spettatore singolo non ha il potere di modificarla, al massimo può saltare da un canale all'altro con il telecomando, la seconda è che il tempo del telegiornale è fissato nel palinsesto complessivo e dunque tendenzialmente dilata e propone le notizie a seconda del numero di notizie di quel giorno (questa cosa è vera anche per i quotidiani in parte ma molto più contenuta perché se non altro la versione stampata comportava il fatidico momento della chiusura del giornale). In ogni caso il tempo scandito dal palinsesto non comporta molta scelta per i giornalisti; sempre più costoro sono spinti e incoraggiati a dare le notizie che meglio garantiscono l'ascolto e specialmente il "riascolto" ovvero la diffusione della copia della notizia che vale come merce per quanto e come riesce a invadere anche gli altri media e in che dimensioni coivolge anche le testate online in cui non è più la notizia il prodotto ma la sua capacità di creare contatti.
 
Ne deriva che il prodotto vendibile non sono più le notizie e la qualità del racconto che ne sappia fare il giornalista, oppure la capacità di raccogliere opinioni differenti e interessanti: ciò che si vende sono i contatti, il loro numero, i flussi e le statistiche perché ad essi si può  ricondurre una convenienza per chi li acquista come potenziale pubblico del marketing. Così più c'è gossip, più ci sono introiti e sempre meno contano le notizie, anzi fa anche ridere che il governo parli di vietare le "bufale" allorché nessuno più verifica nulla, mancando del tutto la convenienza di farlo per i media che traggono guadagno da tutt'altro, anzi proprio dalla stessa frenetica rincorsa tra affermazioni apocalittiche, smentite, denunce di querele, scambi di insulti e tutto quello che ormai sappiamo di trovare allorché ci avventuriamo alla ricerca dei FATTI.
E' sufficiente essere stati testimoni anche una sola volta di un qualunque avvenimento reale per poter poi valutare la sua trasformazione quando lo si sente raccontare in TV o nei giornali.
C'è chi è convinto che il male sia nel fatto che i giornali ricevono sovvenzioni statali, cosa sempre disdicevole, ma non è solo questo il punto.
Oggi da anni si assiste anche al fenomeno, di per sé inquietante, in cui l'azionariato dei media mainstream è interessato all'acquisto delle proprietà dei giornali più per conoscere in anteprima ed eventualmente censurare le notizie (in tutto o in parte, scegliendo quali cose non dire o dire senza dar loro importanza e quali cose invece commentare e ripetere fino alla nausea) per di più componendo un coro uniforme e tendenzialmente filogovernativo (del governo di turno non importa quale). Essere del club degli azionisti comporta frequentazioni di potere che non hanno alcuna attinenza con i dividendi sperabili (il Sole 24 ore perde milioni da anni).
A dimostrazione che il pubblico oggi si è così intossicato di gossip che non riesce nemmeno a considerare interessanti le informazioni senza filtro e i fatti nudi e crudi che sarebbero vitali per scegliersi una vita.
Ogni articolo  su internet e ancora più sui social diventa occasione per una moltitudine di lettori di trasformarsi in autori, senza accorgersi che i loro commenti sono l'unica cosa che ha valore commerciale, il loro numero, non certo il contenuto che infatti è una sorta di flusso di insulti intercalati da professioni di fede o da elogi sperticati. 
Napalm 51 - Crozza 2016
I social hanno funzionato e continuano a funzionare come perfette armi di distrazione di massa intercettando anche coloro che stanchi della noiosissima contemplazione televisiva si sono provati a utilizzarli come spazio pubblico e libera agorà. 
Strano come in presenza di un potenziale tecnologico immenso dato da internet, non si stia ancora raggiungendo un'autonomia informativa orizzontale sufficiente, come si è tentato con forme quali indymedia e altre, rimaste relegate a settori ristretti.
Purtroppo ogni  centro di produzione di cosiddetta informazione (blog più o meno famosi), ben lungi da creare una rete orizzontale e autonoma sfrutta solo i proprio contatti, che infatti si trasformano facilmente anche in pacchetti di voti, guadagnando, anche in questo caso, più in temini di potere che in termini direttamente mercantili.
Attenzione che il fenomeno della sovrapposizione tra uso informativo e strumentalizzazione a fini partitici di internet è cosa grave che abbiamo già sotto gli occhi.
Se il popolo non vuole essere un gregge da condurre a cliccare sì o no per la propria macellazione, non deve mai farsi massa! 
Il popolo libero è il contrario della massa, è una federazione di Pari, una Rete di intelligenze che è forte della forza dei singoli segmenti che compongono un disegno largo quanto la distanza libera che sanno tenere aperta tra loro, componendo appunto uno spazio Pubblico.
Insomma siamo parecchio inguaiati però il potenziale della Rete esiste ancora, si tratta di riprendere in carico tutto: i fatti, con verifica delle fonti e la capacità di giudizio. 
gc